Un talento laico

Dire qualcosa di più (e di originale, poi!) su Steve Jobs mi sembra difficile, dopo il diluvio di interventi che lo hanno commemorato e ne hanno ripercorso la straordinaria vita. Converrà citare piuttosto il succoso articolo apparso sull'Osservatore Romano. Jobs, anzi "Mr. Apple", vi è definito un "talento". Su quelle misuratissime pagine, l'aggettivo pesa assai più che su un qualsiasi altro organo di stampa. Penso che il quotidiano più importante del cattolicesimo non lo avrebbe impiegato se avesse avuto il minimo dubbio che Jobs il suo talento lo aveva o sprecato o impiegato male, al servizio del male. Altri lo hanno definito un "genio visionario" (ma anche "spietato") o addirittura un "guru". Tanto universale consenso certifica che la sua opera ha avuto una funzione positiva per l'umanità.
Ma a cosa si è dedicato questo talento, questo genio? Abbiamo letto tutto o quasi sugli aggeggi che Jobs ha prodotto a Cupertino (che più California non si può) ogni volta innovando e superando se stesso. Pare che in fondo, sul piano della tecnica propriamente detta, non abbia "inventato" nulla, ma che abbia soprattutto arricchito ognuno dei suoi gadget con un tocco di inimitabile e fantasiosa originalità e un design raffinato. Originalità nel senso più apparentemente banale, e addirittura futile: nel senso cioè della moda. Gli strumenti usciti dal talento di chi, da giovane hippy, aveva avuto qualche dimestichezza con acidi e "trip", sono soprattutto accattivanti. Piacciono. Sono venduti perché piacciono. Banalmente, direi. Qualcuno ha detto che non hanno migliorato in nulla il mondo. E allora in che consiste l'importanza di Jobs? Mi pare che si convenga da tutti che ciò che ha reso così essenziale la sua opera è proprio la sua immensa, incredibile diffusione. In ogni angolo del globo c'è qualcuno che ha in mano o in tasca uno dei suoi aggeggi. A che servono? Semplice: servono a mettere sempre più piacevolmente in contatto uomini e donne con altri uomini e donne. Jobs ha reso ancora più facile, ancora più maneggevole, più - direi indispensabile, una comunicazione telematica che è già, ai nostri giorni, praticamente illimitata.
Vogliamo dirlo, che questa facilità di comunicazione è la caratteristica saliente del secolo che stiamo vivendo? Incubata nelle ultime decadi del precedente, oggi la comunicazione per via telematica supera ogni ostacolo, materiale, politico o ideologico, che tenti di bloccarla o solo di frenarla. Siamo informati dei tentativi quasi quotidiani compiuti da governi dispotici o autoritari (la Cina, in primo luogo) per impedire ai cittadini, alla gente, di utilizzare le tavolette di Jobs o di altri non meno importanti creatori di sistemi di comunicazione, più o meno "sociale". E non ci sono solo i poteri mondani a diffidare dei loro ritrovati: qualche anno fa, fu montata in Italia una campagna ideologica contro l'uso di Internet che confidava sulla paura della pedofilia. A cascata, ogni giorno o quasi, venivano scovati sui canali internettici siti dedicati alla pedofilia, e su queste pseudoscoperte venne orchestrata una campagna violenta quanto menzognera che oscurava la verità, il fatto cioè che la pedofilia compare per l'ottanta per cento negli ambiti familiari e per il resto in quelli delle amicizie e delle figure di riferimento.
Un nuovo san Francesco
Vogliamo dirlo, allora, che Jobs ha arricchito il mondo nel senso che lo ha reso più leggero e ludico, più libero e laico? Che anche lui dunque è un figlio, un prodotto della civiltà illuminista, dell'individualismo utilitarista? Sarà, allora, da denunciare come anticristiano? Non mi pare che per Jobs questo fosse un tema, un problema su cui soffermarsi. Mi diverte pensare che in fondo Jobs sia erede non tanto di Ford, colui che mise l'automobile alla portata di tutti, ma - non ci si stupisca dell'accostamento, certo bizzarro - di un san Francesco o di un Giotto. San Francesco "laicizzò" il messaggio cristiano, usando la lingua parlata e non il latino della grande tradizione e del rito chiestastico, Giotto "laicizzò" il messaggio visivo della fede, abbandonando il ritualismo delle icone di rito bizantino che esprimevano un mondo fisso, eternamente in adorazione della immobile luce di Dio riflessa dai mosaici e dall'oro di sfondo delle sacre tavolette. I due inventarono, o adottarono, linguaggi che ogni "laico", non-chierico, poteva intendere. Rompevano incrostazioni secolari (anche se, assorbendone in qualche modo l'eredità, i poteri ripresero poi il sopravvento). Posero al centro una nuova, inedita forma di Dio. Non so se Jobs avesse in mente di porre al centro delle sue macchinette una immagine nuova, "portatile", di Dio. Di certo ha arricchito il senso della laicità nella sua spinta alla libertà della ricerca, del dialogo, della parola (non è, comunque, un laicista, è bene notarlo). E a questa apertura ha affidato il compito, o almeno la speranza, di far crescere l'umanità. Poi, non aveva paura del buio: già malato, disse che "la morte è la migliore invenzione della vita". Si, anch'io penso che sia stato un grande talento.
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