Un Dio per 7 miliardi

Dalla Rassegna stampa

Il 31 ottobre scorso l'umanità ha raggiunto un altro dei traguardi promessi dalle "magnifiche sorti e progressive" contro cui Leopardi scagliava il suo feroce sarcasmo. A lungo, impazienti giornalisti, demografi pignoli, persino (probabilmente) inaffidabili astrologi si sono arrabattati nell'impresa di localizzare dove sarebbe nato il bambino grazie al quale l'umanità avrebbe raggiunto quota sette miliardi, mirabile frutto del progresso illimitato, dell'illimitato miglioramento delle condizioni di vita, delle nascite illimitatamente pianificate. Fino all'ultimo tutti si interrogavano se sarebbe nato in India oppure in Africa. Non è stata una lunga ricerca, come accadeva per il bimbo in cui si reincarnava di volta in volta il Dalai Lama. In poche ore è stato individuato il piccolo, ignaro Messia di tempi sperabilmente più felici. Ma no, non può essere un Messia, pare sia una bimba, di nome Nargis, venuta al mondo nella sperduta provincia indiana dello Uttar Pradesh. È vero che il suo primato è stato subito contestato da altri bimbi nati nelle Filippine, in Turchia, nello Sri Lanka, in Russia; ma si tratta di dispute inessenziali, quel che conta è che da qualche giorno siamo sette miliardi, tra uomini e donne. Dodici anni anni fa, quando toccammo i sei miliardi, si diffuse una ondata di panico e si diede la stura alle più fosche previsioni sul futuro dell'uomo e della Terra. Il neomalthusianesimo ebbe il suo ritorno di fiamma. Oggi sembra che gli esperti siano più tranquilli: con un'altra ritoccatina al Dna del frumento, del riso, del mais, o anche di bovini ed ovini, il cibo per tutti è garantito.

Il "crescete e moltiplicatevi" è un dogma indiscusso, solo pochi radicali invocano un laico "rientro dolce" dell'umanità entro paletti numerici più ridotti, da regolare non con la violenza di stato ma con l'educazione e la responsabilità. Dove è che qualche dubbio, o almeno una qualche curiosità può comunque solleticarci? Ecco, viene ovvio interrogarsi su come questa umanità in continua espansione si comporterà dinanzi ai grandi problemi sociali e civili. Per dirla tutta: in cosa o in chi crederanno gli uomini di domani? Che ruolo giocherà il cristianesimo (dico cristianesimo per senso di fratellanza verso sette e confessioni, altrimenti dovrei dire il cattolicesimo)? Vi ho già accennato, ma il tema è così affascinante che vale la pena soffermarcisi sopra. I nuovi nati si concentreranno - pare - soprattutto in India, in Cina e nel continente africano, paesi a elevato tasso di natalità. È dubbio che i nati in India possano essere dei battezzati - nell'una o nell'altra formula; forse ciò potrà verificarsi in Africa, anche se la gara con l'islam è già, in quelle aree, serrata e difficile. E dunque potrà il cristianesimo mantenere la sua promessa di essere l'indispensabile motore della civiltà e salvezza unica dell'etica privata e pubblica? Per secoli, ogni progresso civile o anche politico è stato anche un progresso nell'espansione della fede. I missionari seguivano gli eserciti delle potenze colonialiste, qualche volta li precedevano anche, in uno slancio appassionato "de propaganda fide", per portare insieme la vera fede e i benefici della civiltà. Con Matteo Ricci, l'apostolo cattolico della Cina, la funzione del missionario era ancora duplice - era insieme uomo di chiesa e scienziato anche se a qualcuno apparve invece ambigua e pericolosa. Le missioni gesuite nell'America andina furono tentativi di costruzione di sistemi sociali alternativi alla schiavitù coatta degli indigeni, e furono per questo odiate dagli stati, gelosi delle proprie prerogative. Erano comunque modelli ottimisti, grandiosi.

I nuovi dèi della salute e del benessere
Oggi non sembra che la fede in Cristo avanzi nello stesso alone di fiducia, direi di necessità. Le missioni operano in contesti nei quali il progresso (comunque lo si voglia giudicare) avanza al di fuori e magari contro l'eredità e il linguaggio cristiani. Le sfide del nostro tempo si svolgono su altri terreni: alla preghiera per la salvezza delle anime si è sostituita la ricerca della salute, il benessere dei corpi. La scienza, le pervasive tecnologie garantiscono la riduzione dell'incognito, la paura dell'errore. L'incognito non è più il mistero, l'errore non è più una colpa o una sciagura, lo si può evitare sempre meglio e più grazie ad un semplice calcolatore. C'è quindi una fame di tecnica quale l'umanità non ha mai conosciuto. Steve Jobs è venerato più dì un qualsiasi santo, da gente di ogni fede religiosa. Recentemente, anche la chiesa (o il Vaticano, non saprei individuare con certezza il soggetto) ha chiesto che venga istituita una autorità unica per la regolamentazione dei mercati e delle urgenze finanziarie. Non ha chiesto l'adesione di massa alla vera fede, come successe quando i popoli germanici arrivarono in occidente, ancora pagani, talvolta ariani. Allora bastava un accordo tra il re barbaro e il Papa di Roma per ottenere la conversione di interi popoli. È una storia grande e avvincente, ma oggi del tutto inapplicabile.

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