La Ue tratta fra le pallottole "Ultima offerta a Yanukovich"

Quando i ministri degli Esteri lasciano il palazzo del Consiglio europeo, le decine di schermi disposti nelle sale continuano a riproporre senza pietà le immagini di morte di una giornata da dimenticare. È stata la fiera degli orrori e dei negoziati a tutto campo. Nella bolgia di Kiev i capi della diplomazia di Germania, Francia e Polonia hanno imbastito una «roadmap» comune per lo sfuggente presidente Yanukovic e i suoi oppositori. Nella rarefatta Bruxelles, tutti gli altri hanno varato un primo schema di sanzioni che colpirà subito: si mira ai visti, ai beni finanziari dei «colpevoli», e alle licenze di esportazione per materiale utile per la repressione. Una questione sempre globale, il caso ucraino, al punto dal diventare una telefonata a tre. Ne hanno parlato ieri sera tardi i tre i fra signori del mondo: Obama, Merkel e Putin: «Serve una soluzione politica è l’auspicio che ponga fina al bagno di sangue». Ma ieri hanno fatto fatica a farsi largo nella capitale ucraina i «tre di Weimar»: il ministro degli esteri francese Laurent Fabius, il polacco Radoslaw Sikorski, il tedesco Frank Walter Steinmeier hanno trovato l’inferno in terra. Il programma prevedeva un ritorno lampo a Bruxelles per le quindici. Impossibile. E non auspicabile, non senza risultati. Sono rimasti a lungo bloccati, tanto che l’agenzia Afp ha battuto l’annullamento della missione. «Scenario spaventoso».
La città era in preda ai cecchini, ai roghi, ai dimostranti e alle forze dell’ordine, più violente e disorientate del necessario. Contrordine verso mezzogiorno. I tre sono stati ricevuti da Yanukovic. «Abbiamo parlato per cinque ore», ha twittato Sikorski verso le cinque. Con qualche risultato, visto che il presidente ha espresso la volontà di convocare elezioni anticipate entro l’anno. Chiusa la prima tappa, hanno affrontato i leader dell’opposizione, Klitschko, Iatseniuk e Tyahnybok. «Siamo rimasti in stretto contatto via e-mail e sms», ha raccontato a «La Stampa» il ministro Emma Bonino. Era un concerto a più voci. La cancelliera Merkel ha sentito il britannico Cameron e ha chiamato il presidente Putin, mentre Lady Ashton teneva il filo con l’omologo moscovita Lavrov. «Anche i più ostili hanno capito che è necessario parlare anche coi russi», ha precisato la Bonino. «Con fermezza», ha precisato. L’ultima notizia da Kiev era che i «Tre di Weimar» stavano lavorando a un documento che fornisse qualche speranza di accordo tra governo e opposizione. I loro collaboratori sottolineavano la disponibilità a lavorare tutta la notte, per cercare di far quadrare il cerchio ucraino. Si parla di un governo di unità nazionale entro dieci giorni. Stamane sapremo, il che spiega come mai le sanzioni siano state pensate per un bersaglio mobile. Possono essere sospese in caso di intesa politica, che è l’obiettivo indicato da tutti. O rafforzate davanti a ulteriori dramma.
«Il primo dovere di ogni governo è garantire l’incolumità dei suoi cittadini», ha puntato il dito la Ashton. «Anche chi non voleva ha capito che nella piazza si sono infiltrati i peggiori gruppi estremisti», ha aggiunto Emma Bonino. Così le sanzioni sono per «tutti i responsabili delle violazioni dei diritti umani, la violenza e l’uso eccessivo della forza». Il pacchetto «comprende il congelamento dei beni all’estero e il blocco dei visti». Accordo anche sulla sospensione di licenze di esportazione per materiale che può essere utilizzato per la repressione. Puntualizza il ministro Bonino che «la parte umanitaria è rafforzata» con l’introduzione di facilitazioni per i visti di dissidenti e rifugiati. Svedesi, polacchi e baltici volevano di più. Olandesi e danesi, come l’Italia, hanno spinto per colpire anche l’opposizione. Al solito si è mediato. Sperando che possa bastare.
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