La Ue a Berna: vincoli inaccettabili

L’esito del referendum sul futuro dell’immigrazione in Svizzera ha creato una incredibile matassa giuridica e politica dai risvolti incertissimi. In dubbio è il rapporto tra Unione europea e Confederazione svizzera in vari ambiti, anche commerciali. Consapevoli che i risultati del voto rischiano di dare nuova forza ai partiti radicali in Europa, i Ventotto e la stessa Commissione europea hanno criticato ieri la messa in discussione del principio della libera circolazione delle persone. «Chiaramente non possiamo accettare le restrizioni che sono state approvate domenica», ha detto la portavoce della Commissione Pia Ahrenkilde-Hansen. «Questo avrà certamente implicazioni per il resto degli accordi che abbiamo con la Svizzera».
Il 50,3% degli svizzeri ha chiesto di introdurre limiti all’immigrazione. Il risultato del voto rischia di imporre a Berna di rivedere un trattato di libera circolazione delle persone con l’Unione Europea entro un termine di tre anni. Esponenti della Commissione spiegavano ieri che nulla cambierà fintanto che non vi sarà formale denuncia dell’intesa da parte di Berna. Le prime reazioni, tuttavia, non sono mancate. Commentando l’esito del voto, il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino ha spiegato che l’impatto del voto «è molto molto preoccupante sia per quanto riguarda l’Italia, sia per gli altri accordi con l’Unione europea». Preoccupante, per almeno due ordini di motivi: giuridici e politici. In un’ottica giuridica, in pericolo è l’impianto dei rapporti tra Bruxelles e Berna. Il trattato - che prevede dal 2002 la libera circolazione delle persone- è stato associato ad altri sei accordi (relativi al trasporto, alla ricerca, alle barriere tecniche commerciali, agli appalti pubblici, al commercio di prodotti agricoli, al riconoscimento professionale). Nei testi è stata inserita una clausola per cui la ridiscussione di un accordo comporta la revisione degli altri (con accordo unanime dei 28, si precisa, però, a Bruxelles).
La Svizzera non fa parte dell’Unione, ma ha firmato oltre un centinaio di accordi con la Ue: a rischio quindi è l’accesso degli svizzeri al mercato unico. Da notare che ieri Bruxelles ha sospeso discussioni tecniche con la Svizzera sul commercio transfrontaliero di elettricità. Proprio domani, salvo rinvii, i diplomatici dei 28 discuteranno di un mandato da affidare alla Commissione per negoziare un accordo istituzionale con Berna, che nelle intenzioni originali deve servire a inquadrare i rapporti bilaterali. Da un punto di vista politico, il braccio di ferro si prospetta interessante. Si deve presumere che Berna giungerà alle trattative esigendo una qualche modifica dell’accordo sulla libera circolazione, ma chiedendo che sugli altri tavoli negoziali tuttora aperti si prosegua come se niente fosse. Con il voto di domenica la posizione internazionale di Berna si è però indebolita: Bruxelles sa che la Svizzera ha bisogno di manodopera straniera e che l’Unione è il primo partner commerciale della confederazione. In questo senso, il referendum ha modificato gli equilibri.
Che impatto avrà il voto sui negoziati in corso relativi allo scambio automatico dei dati bancari? Da parte europea, ci sarà probabilmente il desiderio, di utilizzare l’imbarazzo svizzero per ottenere concessioni, forte anche delle pressioni del G-20. «In fondo, Berna dovrà decidere - analizza un diplomatico europeo -: è più importante preservare l’accesso al mercato unico o difendere i privilegi sul segreto bancario?». Ciò detto, anche la posizione europea è debole, e la Svizzera lo sa perfettamente. Il voto di domenica nella Confederazione offre nuove munizioni ai partiti radicali europei contrari all’immigrazione e alla libera circolazione nella Ue. Nelle scorse settimane, lo stesso governo britannico aveva posto indirettamente il problema. A tre mesi dalle prossime elezioni europee, la questione è delicatissima, e rischia di dividere i 28 sul modo in cui affrontare lo stesso caso svizzero.
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