Turchia rimandata I negoziati con l'Ue slittano a ottobre

La trattativa per l’adesione della Turchia all’Unione europea riparte, ma non subito. È l’effetto degli scontri di piazza Taksim e dintorni. Il lungo processo, che doveva rimettersi in moto oggi con l’apertura del secondo dei capitoli necessari per l’intesa (il numero 22, Politiche regionali), resta al palo sino all’autunno. Divisa sul da farsi, spaccata fra chi come l’Italia voleva «lasciar la porta aperta», e chi come l’Austria chiedeva un giro di chiave, l’Europa ha scelto il dialogo condizionato. Ci si rivede in ottobre, dopo aver misurato a fondo gli effetti del braccio di ferro fra il premier Erdogan e una parte dei sui cittadini. Guarda caso, dopo le elezioni d’autunno in Germania. È un modo per prendere tempo che alla fine consente a tutti di dire che è andata bene. Persino il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu concede che «l’ostacolo che si poneva fra l’Ue e noi è stato superato», segno che Ankara trovo positivo già il fatto che il contatto non si sia interrotto. Il suo staff conferma la determinazione del governo a lavorare per rispettare tutti i requisiti definiti da Bruxelles.
Il negoziato, aperto a fatica nel 2005, prevede la firma di 35 capitoli; al momento, ne è stato chiuso uno solo (Ricerca). Sino a poco fa si pensava di aggiungerne un secondo durante la presidenza di turno irlandese (adesso) e altri due in quella lituana (dicembre). Poi la storia ha riscritto il calendario. Il pugno duro di Erdogan contro i manifestanti ha gelato molti animi. La reazione di tedeschi, austriaci e olandesi è stata quella di chiedere dure condizioni per parlare di adesione con i turchi, colpa di quella che alcuni media definiscono «un clima da Terrore». Lunedì il dossier è arrivato al Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Ue, dove gli schieramenti si sono inizialmente riprodotti. «Non possiamo comportarci come se nulla fosse accaduto», ha assicurato il tedesco Guido Westerwelle. Coi tre duri e l’Irlanda da un lato, la nostra Emma Bonino, sostenuta fra gli altri anche dai belgi, dall’altro, ha espresso convinta l’opportunità di «evitare il muro contro muro». Favorevoli anche britannici, svedesi e finlandesi. Ieri, però, la Germania ha ammorbidito la posizione e si è giunti al compromesso, favorito anche dal lavoro francese. Risultato: linea ancora aperta, decisione posticipata e vincolata al rispetto di diritti umani e regole del gioco, sulla base di un rapporto che dovrà stabilire l’idoneità della Turchia ad andare avanti nel negoziato.
«Il treno Turchia-Ue può marciare a tutta velocità», ha commentato Davutoglu Ieri mattina ha avuto una conversazione telefonica con Emma Bonino, che conferma lo spirito: «Ha detto che la risposta alla proposta europea è stata positiva; noi dobbiamo vedere come il governo intende agire». Cautamente soddisfatta il numero uno della Farnesina, e pure i tedeschi che sottolineano «l’equilibrio della soluzione». Berlino, fanno notare gli osservatori, ha cambiato da tempo atteggiamento sull’adesione turca, «preferirebbe lavorare su un accordo di partenariato commerciale piuttosto che sul progetto di adesione». Parlando all’agenzia «Afp», il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt, ha espresso la convinzione che sia «estremamente importante confrontarsi con i turchi, dobbiamo cercare di influenzare gli eventi e non voltargli le spalle». La penisola anatolica è un’economia pulsante e crocevia di mondi che parlano lingue diverse, circostanza che caratterizza anche l’Ue. La peggiora l’assenza di una efficace diplomazia comune. Ancora lunedì l’alto rappresentane per gli Esteri, Cathy Ashton, ha offerto ipotesi e non soluzioni. «Decidono gli stati membri», ha detto. Come se a Bruxelles nessuno avesse responsabilità in materia.
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