La Tunisia e le risposte che dobbiamo all’altra sponda del Mediterraneo

Dalla Rassegna stampa

Vent’anni fa si sparava per le strade di Bucarest, mentre il dittatore Nicolae Ceausescu fuggiva in elicottero. Oggi la Romania, pur con i suoi problemi, è un Paese membro della Nato e dell’Unione europea. Oggi si spara per le strade di Tunisi, mentre il presidente Ben Ali è fuggito su un jet privato. E domani? Quale sarà il posto della Tunisia e degli altri Paesi del Nordafrica?
 
 Se la nazioni dell’Est hanno compiuto senza scosse la transizione dalla dittatura comunista alla democrazia occidentale è perché l’Europa, intesa come Unione politica, ha fornito loro un ancoraggio e una prospettiva. Chi si impegnava nella trasformazione dell’economia, nella costruzione di un sistema pluralistico, nella garanzia del diritto, aveva un traguardo: diventare socio del club dei Paesi più prosperi e civilizzati della Terra.
 
 Ma che fa l’Europa per la sponda sud del Mediterraneo? Il bilancio non si presenta dei più brillanti. Per lungo tempo regimi corrotti e dispotici hanno goduto dell’appoggio occidentale in nome della «stabilità», mentre era proprio questo atteggiamento che finiva per dare forza alle sirene dell’estremismo islamico. Ora, di fronte a una crisi come quella tunisina, che ricorda da vicino le rivoluzioni anti-comuniste del 1989, la risposta è quanto meno afasica: l’Europa sembra essere presa in contropiede dalle istanze popolari, incapace di articolare una strategia di lungo respiro che vada al di là delle affermazioni retoriche. Ma il rischio concreto è che si inneschi un effetto domino non già virtuoso, come quello che portò alla fine delle «democrazie popolari», bensì distruttivo e caotico, con effetti destabilizzanti per tutto il Mediterraneo.
 
 Willy Brandt, l’ex cancelliere socialdemocratico tedesco, all’indomani della caduta del Muro di Berlino, seppe trovare parole profetiche: «Jetzt wàchst zusammen, was zusammen gehort» (oggi cresce assieme, ciò che assieme appartiene). E aprì la strada alla riunificazione della Germania. Ci sarà oggi qualcuno che avrà il coraggio di pronunciare parole simili, di ricordare che le due sponde del Mediterraneo sono e saranno legate da un destino comune?

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