Tribunali, un (altro) caso giustizia

L'aula magna del palazzo di giustizia romano fu intitolata al giudice Occorsio nel 1977, un anno dopo la sua uccisione. L'inaugurazione avvenne con un convegno organizzato dall'associazione cronisti giudiziari e dall'Anm. Oggetto del convegno la riforma dei distretti giudiziari, detto in parole povere una più razionale dislocazione dei tribunali. La questione venne definita "annosa" nelle relazioni introduttive. Di anni ne sono passati altri trentacinque, la questione rimane irrisolta. È di ieri la dichiarazione della direttrice dell'associazione "Libera" contro la chiusura del tribunale di Avezzano definito «presidio permanente per combattere le organizzazioni malavitose provenienti dalle vicine province di Caserta e Frosinone». Si potrebbe obiettare che polizia e carabinieri avrebbero quel compito e che poi i processi potrebbero ben esser fatti nelle due province citate, una delle quali fornita anche di corte d'assise. Ma sono le cifre contenute nella stessa dichiarazione che fanno ancor più riflettere.
Il tribunale serve una popolazione di circa 140.000 abitanti - più o meno quanti una circoscrizione romana - che producono 40.000 cause all'anno, più o meno una ogni tre abitanti. Queste cifre spiegano il "caso giustizia" esattamente quanto il sovraffollamento delle carceri. E mostrano la necessità di una terapia d'urto, preliminare a qualsiasi riforma. Se non un'amnistia, andrebbe spiegato cosa possa avviare a soluzione la "annosa questione".
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