La trappola del grillismo

Se si voleva la conferma che il governo Renzi nascerà entro due o tre giorni, essa è venuta dallo spettacolo offerto da Beppe Grillo durante le consultazioni. Uno "show" studiato a tavolino, parola per parola, per rubare la scena al presidente incaricato, ma soprattutto per esorcizzare la paura che il tentativo di Renzi riesca e finisca per sottrarre un po’ di consensi ai Cinque Stelle. Grillo ha offerto di sé l’immagine peggiore. Intollerante, offensivo verso l’interlocutore, sprezzante, incapace di accettare un minimo di contraddittorio. Senza peraltro riuscire a cancellare l’impressione di una certa difficoltà, testimoniata dall’incertezza vissuta fino all’ultimo (partecipare o no alle consultazioni?) e risolta infine con un singolare compromesso. Partecipare, sì, ma solo per insultare Renzi e le istituzioni che in quel momento il premier incaricato rappresentava. Tuttavia si è visto già in altre occasioni che il Grillo oltranzista, quello che suscita le maggiori riserve tra gli osservatori, è anche quello che piace di più ai militanti "pentastellati". Per cui può darsi che dal suo punto di vista abbia ragione, visto che ci avviciniamo al voto europeo e ieri il grande populista ha fatto campagna elettorale. Lo ha aiutato senza dubbio la strana idea di concedere la diretta "streaming" del colloquio di Montecitorio. Unico caso nell’intero arco delle consultazioni e omaggio alla filosofia dei Cinque Stelle. Che peraltro la applicano solo se e quando fa loro comodo.
Sta di fatto che di fronte all’aggressione verbale messa in atto da Grillo, e ampiamente prevedibile, Renzi è apparso piuttosto dimesso, abbastanza lontano dal consueto personaggio brillante e volitivo. Qualcuno ha ricordato il precedente di Bersani, anche lui in "streaming", mortificato l’anno scorso non da Grillo ma da un paio di suoi collaboratori. In realtà il paragone regge solo fino a un certo punto. Bersani era remissivo perché si illudeva di ottenere l’appoggio dei "grillini" al suo governo. Renzi ovviamente non insegue questi arabeschi e semmai punta a sottrarre voti al carro dei Cinque Stelle. Però è apparso più contratto rispetto al solito, segno forse che è stato preso alla sprovvista dall’offensiva di Grillo. Una parentesi, in ogni caso. Fra un paio di giorni sarà dimenticata, specie se il presidente incaricato scioglierà la riserva e porterà a Napolitano la lista del suo ministero. La sensazione è che il rebus stia trovando una soluzione, un passo alla volta. Ormai si sta discutendo dei nomi perché l’impianto della maggioranza è stato fissato ed è analogo a quello del governo Letta. La differenza è il rapporto di Renzi con Berlusconi.
Rapporto indispensabile per attuare il programma delle riforme, ma fin troppo ricco di chiaroscuri. Anche perché il vero obiettivo di Renzi (e di Berlusconi con lui) è la riforma della legge elettorale. Strumento irrinunciabile per governare davvero la legislatura e, se del caso, provocarne lo scioglimento. Dicevamo che la discussione sostanziale è approdata in queste ore ai nomi dei ministri. Importante a tale proposito il colloquio di ieri sera dell’incaricato con il presidente della Repubblica. C’è la questione decisiva dell’Economia, ma non solo quella. Ogni casella nelle prossime 48 ore deve andare al suo posto. Renzi sa di dover conciliare il rinnovamento con la necessaria continuità. Ad esempio, non è pensabile di cambiare il ministro degli Esteri nel pieno di una doppia crisi internazionale: il caso dei "marò" e gli sconvolgimenti in Ucraina rendono quanto mai opportuna la conferma di Emma Bonino alla Farnesina. Sarebbe una prova di serietà e di saggezza da parte del nuovo premier.
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