Tanti immigrati, tutti studenti così Montpellier batte Le Pen

Per non farsi travolgere dai populismi arrembanti, alla fine, la ricetta non è poi così difficile: basta non rubare troppo e non amministrare troppo male. Prendete Montpellier. In tutto il resto del Sud, alle amministrative di domenica il Front National ha fatto il pieno: fra il 40% di Fréjus al 44 di Béziers ci sono il 42,5 di Saint-Gilles, il 39 di Tarascon, il 37 di Brignoles, il 32 di Beaucaire. Piccoli centri? Non solo: a Perpignano il Fn è al 34%, ad Avignone al 29, a Marsiglia al 23. Eccezione che conferma la regola, appunto Montpellier: la candidata frontista, France Jamet, si è fermata al 13,8, pochissimo nel Midi color blu Marine. Resta da capire perché. E qui bisogna prenderla un po’ larga.
La città svoltò a sinistra nel ‘77, quando divenne sindaco Georges Fréche, che lo rimase fino al 2004 anche perché lo votavano tutti, compresi gli elettori di destra. È scomparso nel 2010, ma a Montpellier mai morto è risultato più presente. Era il padre padrone della città, un personaggio pittoresco che non le mandava a dire, gaffes clamorose comprese (la migliore? «Gli elettori intelligenti sono il 5%, quindi io faccio campagna per i fessi»). Però Frèche aveva capito tre cose fondamentali. Primo, che se le banlieue vengono abbandonate a loro stesse diventano dei ghetti e infatti quelle di Montpellier non saranno belle, ma non sono nemmeno le polveriere pronte a esplodere di altre città francesi, -anche perché il sindaco di sinistra sosteneva la tolleranza zero prima che diventasse di moda e non solo la predicava, ma la praticava. Secondo, che con la cultura si mangia eccome, quindi Montpellier, già storica città universitaria (oggi un abitante su cinque è studente), è diventata una capitalina culturale con iniziative di respiro nazionale che portano soldi e visibilità, come il Festival di Radio France, Montpellier Dance, la Printemps des Comédiens. Terzo, che la città andava rinnovata. E infatti, intorno all’incantevole centro storico con gli hótel particulier abitati dalle stesse famiglie che se li tramandano insieme alla cattedra alla Faculté dai tempi del Re Sole sono sorti quartieri moderni serviti da un’eccellente rete tramviaria.
Poi, si sa, non tutte le ciambelle dell’architettura contemporanea riescono col buco, come dimostra il nuovo colossale municipio griffato Jean Nouvel, che forse starebbe meglio a Simferopoli. «L’interno è meglio dell’esterno», assicura però la sindaca attuale, Hélène Mandroux. Il risultato è che Montpellier è il paradiso dei «bobo», i «bourgeois bohème». Traduce Philippe Palat, direttore del giornale regionale «Midi Libre», che la conosce come le sue tasche: «Una città giovane, aperta, progressista, ecologista, cosmopolita». E, per inciso, anche molto gay-friendly, tanto che prorio qui, nei faraonici saloni voluti dall’archistar Nouvel, madame Mandroux ha celebrato raggiante nel maggio scorso le prime, ipermediatiche nozze omo di Francia. Montpellier, insomma, si vuole soprattutto tollerante. «Allora è ovvio che la retorica del Front non attacchi - chiosa Palat- Anche se la crisi ha colpito duro: la disoccupazione è al 13%. Però l’edilizia continua a tirare e la città riesce ancora ad attrarre imprenditori».
Mandroux, prima cittadina per dieci anni, spiega che è «contro il comunitarismo ma per il rispetto delle comunità». Quindi ha creato un Consiglio consultivo che rappresenta 25 nazionalità straniere, compresa quella italiana. Quanto alle banlieue, non devono essere tagliate fuori né politicamente, «e allora ho istituito degli assessori di quartiere», né fisicamente, «quindi ha rinnovato tutte le comunicazioni». Però il Partito socialista non ha rinnovato la fiducia a lei. Da Parigi è arrivato l’ordine di cambiare. La cosa ha scatenato i peggiori istinti dei cacicchi locali di un partito di vipere al cui confronto la cara vecchia De era un convento di suorine. Così, per pure questioni di ego, il candidato ufficiale di Ps e Verdi, Jean-Pierre Moure, ha dovuto vedersela con una lista dissidente dell’ex assessore alla Cultura, anche lui socialista benché subito espulso, Philippe Saurel. Risultato: il primo ha preso il 25%, il secondo quasi il 23. Seguono il candidato dell’Ump, destra moderata, con il 22 e il lepenista con il suo misero 13. Palat è sicuro che al ballottaggio a quattro di domenica vincerà in ogni caso la gauche, «credo Saurel». Ma per il Ps, che riesce a perdere anche quando vince, si tratta dell’ennesima figura di merde. Pazienza. Ci si consola all’ora dell’apéro in piazza Jaurès, tutta localini e tutti affollatissimi, e «che bella gioventù, che belle donne», come diceva don Giovanni.
Ed è subito chiaro che per questi ragazzi l’Europa non sono né i deliri amministrativi dei burocrati di Bruxelles né il rigore che uccide denunciato da madame Le Pen. Per loro, l’Europa è l’Erasmus, viaggiare senza passaporto e senza dover cambiare i soldi. Prendete Jean, 21 anni, studente a Medicina, di ritorno da Barcellona dove ha anche trovato la morosa. Lo apostrofo con «voi francesi» e ribatte: «Non dica voi francesi, dica noi europei». Forse davvero non tutto è da buttare.
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