Stress test laici

Quanto siamo, oggi, prossimi a Dio? È n una domanda non del tutto assurda. Potrebbe addirittura reclamare un fondamento scientifico, pronta a plaudire a una risposta che aiuti a sciogliere, su basi inconfutabili, il nodo del dialogo tra fede e ragione.
Purtroppo, le recenti vicende della politica, interna ed estera, hanno distolto l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica da una notizia, di per sé folgorante, diffusa a metà dicembre dalle agenzie di stampa di tutto il mondo: un esperimento condotto dallo Lhc, il sofisticatissimo Large Hadron Collider del Cern di Ginevra, ha consentito di individuare il "bosone di Higgs", la particella subatomica la cui presenza venne ipotizzata dal fisico inglese Peter Higgs nel 1964, e che costituirebbe il tassello mancante nella struttura della materia.
Il "bosone di Higgs" è il puntello fondamentale del "modello Stanford", la teoria più in voga per comprendere e descrivere l'universo. Se questo elemento non esistesse, bisognerebbe cambiare completamente le basi della teoria. Qualcuno lo ha anche chiamato la "particella di Dio". Il singolare nome (scherzoso, però...) gli viene attribuito per la sua delicatissima, determinante importanza. Higgs ne intuì l'esistenza, bisognava però trovarlo per via sperimentale. E i fisici, per mezzo secolo, lo hanno cercato, riuscendo finalmente a fotografarlo grazie all'esperimento del Cern. Per la verità, non è stato fotografato proprio il bosone ma, come è stato spiegato dagli scienziati stessi, la sua "impronta". Un giornale ha amplificato l'evento, affermando che la scienza aveva finalmente rintracciato, negli abissi dell'universo, addirittura l'impronta di Dio".
Siamo dunque così vicini a scoprire il momento e i modi, tra fisici e metafisici, con i quali Dio ha plasmato l'universo? Pare di sì e, se l'esperimento verrà confermato, dall'impronta si potrebbe risalire a colui che l'ha lasciata. Ecco il senso della mia domanda iniziale. È possibile che la scienza percorra, come dire, l'ultimo miglio, e arrivi a svelarci l'essenza del potere di Dio. Forse, Dio stesso.
La chiesa al tempo della trasparenza
Il cardinale Angelo Bagnasco ha chiarito che l'otto per mille, il discusso meccanismo di contributo alla chiesa connesso con l'Irpef, non serve in alcun modo ad arrotondare le prebende dei vescovi: la somma raccolta viene erogata esclusivamente per i fini stabiliti dalla legge e concordati con la chiesa. Non sarò io a mettere in dubbio la parola del cardinale, mi stupisce anzi che egli abbia dovuto fornire tale dovuto esporsi a fornire tale assicurazione.
La questione dell'otto per mille però merita attenzione. La pubblica opinione l'ha messa abbastanza a fuoco, assieme alla altrettanto discussa esenzione dell'Ici per le strutture ecclesiastiche non adibite al culto. Può apparire strano che, dopo anni di sgattaiolamenti, la stampa stia dando la stura ad analisi, puntualizzazioni, commenti più o meno esatti, a volte approssimativi. Si sente un pizzico di zolfo anticlericale in questo comportamento, cui dall'altra parte però corrisponde una testarda reticenza, una dura resistenza a che i dati vengano portati a conoscenza del più vasto pubblico. Credo però si possa affermare che ormai si è formata una vera e propria pubblica opinione, attenta ed esigente. Nella situazione italiana mi pare sia una novità rimarchevole. Ma soprattutto, non dimentichiamolo, siamo nell'era di Wikileaks, non c'è segreto pubblico (e persino privato, le frontiere della privacy stanno cedendo) che possa pretendere di essere rispettato.
Nemmeno la chiesa, così puntigliosa nell'esigere il riserbo se non la segretezza, può ignorarlo, c'è il rischio che un Wikileaks o hacker riesca a intrufolarsi nelle pieghe dei suoi siti informatici, o luoghi, più chiusi, e a mettere in piazza documenti d'ogni genere. Mi pare che militanti per i diritti civili stiano anche elaborando una "carta" dei nuovi diritti all'informazione, destinati a prendere posto a fianco di quelli tradizionali. Insomma, non è più questione di difendersi dagli attacchi dell'anticlericalismo o del laicismo, la chiesa deve affrontare il dialogo che l'opinione pubblica vuole instaurare, non solo con lei, ma con ogni centro di potere, o ritenuto tale. Non si tratta di ficcare il naso nei "segreti del Vaticano" (tema, un tempo, assai ghiotto) o nei meandri della "finanza nera", si esige piuttosto, e perentoriamente, una universale limpidezza e pubblicità di comportamenti. In Italia viene sollecitata una "anagrafe pubblica" degli eletti, in molti paesi l'anagrafe o qualcosa di simile è già funzionante, ma l'opinione pubblica vuole di più: non sarebbe che l'estensione di un celebre principio democratico che si esprime molto bene in inglese, "no taxation without representation": nel momento forse di massima crisi delle istituzioni parlamentari (quelle che dovrebbero garantire la "representation") esplodono i movimenti degli "indignados". Il potere si disloca, i suoi vecchi centri si disfanno, non sono più sentiti come adeguati. Non so se questa sia una "sana" laicità, certamente la richiesta di chiarezza e di visibilità è qualcosa di molto laico.
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