Stragi '92-'93 la politica non c'entra

Una lunga seduta della commissione parlamentare antimafia due giorni fa ha permesso ai magistrati di Caltanissetta di fare il punto sulle indagini che la Procura nissena continua a svolgere sulle stragi del 92-93 e sulla possibilità di una qualche partecipazione ad esse di entità estranee a "cosa nostra".
Il procuratore Sergio Lari ha svolto una introduzione in cui c'era forse il nocciolo della questione. In realtà l'indagine è arrivata a mettere alcuni punti fermi. Essi sono i seguenti: 1) La sequenza delle stragi del 92-93 viene decisa autonomamente dalla mafia nel dicembre 1991, quando la "discesa in campo" non la prevedeva nemmeno Berlusconi e tangentopoli doveva ancora iniziare. Dunque nessuna originaria valenza politica si può ipotizzare. 2) Il movente originario sta nella vendetta per il maxi processo e nella scelta da parte di Riina di una strategia terroristica 3) Qualsiasi strategia terroristica ha come punto di caduta per i terroristi la ricerca di una trattativa. Ne consegue che la questione della trattativa cambia percorso.
Non dallo Stato verso la mafia ma viceversa. Non è un dettaglio. L'impressione è che il rapporto fra mafia e politica, consolidato nel tempo, si sia spezzato con l'uccisione di Lima e Ignazio Salvo e mutato in una vicenda di terrorismo. Come Sciascia aveva capito dieci anni prima. Oggi forse la cosa più importante è impedire che quel rapporto si ricostruisca come già si vede da vicende successive alle stragi.
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