Stipendi on line, resistono grand commis e parlamentari

Dalla Rassegna stampa

Riuscirà l'operazione trasparenza del governo a contagiare Parlamento e pubblica amministrazione? I redditi di premier, ministri e sottosegretari sono on line ma non si respira la stessa aria coraggiosa né alla Camera né al Senato. A Montecitorio solo un terzo degli eletti ha firmato la liberatoria per mandare su Internet i dati della propria situazione patrimoniale. A Palazzo Madama, appena un sesto degli inquilini ha reso pubblici sul web i propri guadagni.

I redditi degli onorevoli, si sa, sono consegnati ogni anno alle Camere e sono pubblici per legge negli archivi dei palazzi. Per quanto riguarda la consultazione on line, non è consentita al momento quella sui portafogli dei presidenti, Fini e Schifani in quanto i due non hanno ancora firmato la liberatoria. Mancano all'appello anche Berlusconi, Alfano, Bossi, Tremonti. Ci sono invece Bersani, Casini, Di Pietro, D'Alema, Veltroni, Letta, Bindi. Manca, tra i senatori, Rutelli, e invece c'è l'ex ministro Maroni. E altri suoi ex colleghi del governo Berlusconi hanno detto di sì all'operazione trasparenza: Maroni, Frattini, Brunetta.

«È ora di rendere obbligatoria per tutti la pubblicazione sul web», chiede la radicale Rita Bernardini, che per questo ha presentato una modifica al regolamento della Camera. Su 630 i deputati, insomma, soltanto 205 hanno fatto outing. Per 198 di loro la pubblicazione è già avvenuta, mentre altri sette (D'Alessandro, Marchignoli, Mignoli, Migliori, G.Molteni, Ruvolo e Sbrollini) hanno firmato la liberatoria nei giorni scorsi e la documentazione sarà a breve in Rete.

Per super-manager di Stato e alti dirigenti della pubblica amministrazione oggi scade il termine entro il quale il ministro Filippo Patroni Griffi deve ricevere gli elenchi dei guadagni ma fino a ieri sera i dati arrivati erano pochi. Non non poche buste paga superano il tetto dei 294.000 euro annui, parametrato sullo stipendio del primo presidente di Corte di Cassazione, e quindi dovranno essere abbassate. In funzione della lotta alla corruzione, il ministro sta studiando anche una norma per imporre che siano resi noti i redditi di chi ricopre incarichi pubblici. I dati raccolti saranno consegnati alle commissioni della Camera, le quali daranno un parere sul tetto agli stipendi previsto dal decreto Salva Italia. Diversi parlamentari, sollecitati dai super-dirigenti, spingono il governo a qualche deroga. Ma l'esecutivo è deciso a resistere.

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