Lo spettro di Madrid e l'urgenza di Monti

Lo spettro del default della Spagna - dove il governo ha ammesso in Parlamento di non essere più in grado di pagare i servizi e i dipendenti pubblici, e subito nelle strade è esplosa la protesta - s’è allungato ieri su tutti i paesi in bilico dell’Eurozona, compresa ovviamente l’Italia. S’è così capito meglio quale fosse la ragione urgente che aveva spinto mercoledì Monti a chiedere udienza, quasi senza preavviso a Napolitano, e quali siano i timori per i prossimi giorni dei due Presidenti, mentre l’agosto più temuto degli ultimi anni si avvicina pericolosamente.
Ieri il ministro Grilli ha detto di non aver nulla da aggiungere a quanto aveva spiegato già in Parlamento. E in effetti, proprio come aveva spiegato il responsabile dell’Economia, e come il suo collega Passera ha ribadito, ci sono molte differenze tra Spagna e Italia. A cominciare da quei cento punti di spread che tengono da mesi il paese iberico stabilmente sopra quota 500, e drammaticamente vicino a quota 600, come se appunto la malattia che Madrid non riesce a fronteggiare fosse diventata simile a quella della Grecia. L’Italia con le sue oscillazioni degli ultimi giorni tra 470 e 490, non ha certo da brindare. E proprio per questo è interesse di tutti i governi europei in difficoltà ottenere che lo scudo antispread, definito per grandi linee all’ultimo vertice di Bruxelles, sia messo in condizione di funzionare al più presto.
Non è un mistero però che, dopo aver sottoscritto l’impegno su pressione soprattutto di Monti, che aveva minacciato di far valere la riserva italiana in sede Ue, la Merkel in queste settimane ha cominciato una marcia indietro lenta ma inarrestabile. Non tanto sulla necessità degli aiuti per i partners in difficoltà e in grado di mettere a repentaglio la tenuta della moneta unica, ma sull’obbligo, per questi, di sottoporsi a un regime di controlli che si risolverebbe in una sostanziale desovranizzazione. Al momento il fondo salva spread, almeno nei termini in cui è stato concordato a Bruxelles, non prevede oneri di questo tipo. Ma la sensazione di tutti è che proprio su questo punto la Germania voglia riaprire la trattativa.
La Camera ha approvato ieri la ratifica del trattato fiscale, in quale clima è facile immaginare. Basti pensare che al Senato, dove la discussione sulla spending review è solo all’inizio, sono già stati presentati oltre mille e ottocento emendamenti. Il decreto dev’essere trasformato in legge entro settembre: mese per il quale la Cgil ha annunciato lo sciopero generale.
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