La sospetta retromarcia di Putin sull’Ucraina

Dalla Rassegna stampa

Stop al referendum secessionista nelle regioni orientali dell’Ucraina, ritiro delle truppe russe dal confine, apertura di credito verso le elezioni presidenziali previste a Kiev per il 25 maggio. Ancora una volta Vladimir Putin spariglia le carte della crisi nell’Europa dell’Est. Ma resta aperta la questione: il Cremlino batte in ritirata o piuttosto porta a compimento la sua strategia di assoggettamento della debole nazione vicina? Certo, la minaccia di sanzioni occidentali diventava via via più concreta man mano che la Russia procedeva nel tentativo di smembramento dell’Ucraina. E il flusso di capitali in fuga da Mosca si era fatto sempre più consistente con l’aggravarsi della crisi: gli oligarchi stavano già votando col portafogli, temendo di vedere congelati i propri averi. Il Fondo Monetario Internazionale aveva tagliato le stime di crescita per la Russia, che quest’anno rischia di ritrovarsi in recessione per la prima volta dai caotici anni Novanta. Ma in realtà proprio l’inceppamento dell’economia è stato probabilmente uno dei motivi che ha indotto il Cremlino a rispolverare una politica estera aggressiva ed espansionista.

L’impossibilità di garantire il patto sociale degli anni passati ha spinto Putin a ricompattare il consenso interno attorno a un risorto nazionalismo: e infatti il suo tasso di approvazione ha ritrovato i ritmi stellari dei primi tempi. Si affaccia dunque l’altra ipotesi: che il leader russo abbia spinto consapevolmente la crisi ucraina fin sull’orlo del baratro, per poi offrire agli occidentali una via d’uscita. Ovviamente, alle sue condizioni. Non c’è dubbio che in molte capitali europee si tirerà un sospiro di sollievo di fronte alla prospettiva di de-escalation offerta da Putin. L’idea di dover imporre pesanti sanzioni economiche risultava indigesta ai più: troppi i legami d’affari, troppi gli interessi commerciali. I contraccolpi si sarebbero fatti sentire e la stessa fragile ripresa continentale poteva essere messa a rischio.

Ma una cosa è certa: finché Putin resterà al Cremlino l’Ucraina non sarà mai uno Stato sovrano, libero di scegliere un futuro europeo. Le speranze di quanti erano scesi in piazza a Kiev quest’inverno, sventolando le bandiere azzurre con le dodici stelle, rimarranno nel libro dei sogni. E il presidente russo potrà dire di aver dettato le condizioni della futura architettura politica del continente. Che, per quanti ancora credono in una certa idea di Europa, non è una prospettiva incoraggiante.

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