Il silenzio colpevole sui diritti umani

Dalla Rassegna stampa

Davvero, nel mondo, ben pochi hanno a cuore le sorti di Asia Bibi in Pakistan. È cattolica, è stata condannata a morte per «aver offeso l’Islam» non si sa dove né quando, e da quasi tre anni sopravvive in isolamento, segregata in un cella senza finestre. E quasi nessuno sa chi sia Younis Masih. È un cristiano pachistano anche lui, è in galera da sette anni senza un processo, è accusato di «blasfemia» per aver litigato con un musulmano, e il suo avvocato è sfuggito per miracolo a un attentato in cui è stato assassinato un collega. Della sorte dei due cristiani in Pakistan si occupano i giornali cattolici.

La Chiesa cerca di attivare una diplomazia segreta. Gli intellettuali sempre infervorati dalle Buone Cause tacciono senza neanche un po’ di imbarazzo. I media confinano le notizie tra le brevi e irrilevanti. L’Onu conferma la sua natura di ente inutile, sebbene costosissimo, nella tutela dei diritti umani. E se oltre centomila cristiani hanno perso la vita negli ultimi anni vittime del fanatismo religioso e del fondamentalismo jihadista, come ha scritto Vittorio Messori, il notiziario internazionale «ufficioso» non se ne occupa. Tranne rare organizzazioni non governative, nessuno, né i governi, né i movimenti d’opinione, né il sistema globale dell’informazione ha a cuore le sorti dei diritti umani. È curioso che si dica spesso che quella dei «diritti umani» sia diventata una nuova religione: se così fosse, vorrebbe dire però che il grado di irreligiosità è diventato preoccupante. Se in Pakistan sono perseguitati e condannati a morte i medici che vaccinano i bambini, accusati di inoculare le malattie sataniche create dagli infedeli, ci si volta dall’altra parte. Se una bambina colpevole semplicemente di voler andare a scuola viene gravemente ferita da energumeni barbuti che si credono in missione per conto del loro Dio, il suo caso viene frettolosamente archiviato come irrilevante. Se in Arabia Saudita si condanna a morte un uomo per «apostasia» solo perché in un cassetto di casa conserva un rosario e un crocefisso, non cessano i complimenti internazionali per un Paese considerato «moderato».

Delle violazioni dei diritti umani ci si accorge solo dopo. Quando Gheddafi era in sella in pochi consideravano grottesco che un’orribile tirannia come la Libia fosse a capo della commissione delle Nazioni Unite per la difesa dei diritti umani: si diventa censori di Gheddafi solo quando è stato scalzato, anzi trucidato dai nuovi «liberatori» che si abbandonano a un’orgia di sangue con i sostenitori, veri o presunti, del vecchio regime fortunatamente crollato. L’ipocrisia del mondo raggiunge l’acme con la mancata denuncia della persecuzione sistematica e organizzata dei cristiani nel mondo islamista. I «diritti umani» sono cancellati da ogni agenda. E l’ipocrisia si trasforma addirittura in doverosa prudenza per non fomentare nuovi conflitti religiosi. Buon anno, Asia Bibi, perseguitata in solitudine nel silenzio del mondo.  

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