Il Senato e l’Europa spingono il premier a segnare il passo

Dalla Rassegna stampa

I tempi delle decisioni si debbono inchinare alla complessità delle mediazioni: in Italia e in Europa. E la strategia di Matteo Renzi è costretta a segnare il passo almeno per qualche giorno. Ieri a Bruxelles i ventotto Paesi dell’Ue non hanno raggiunto nessun accordo sul «ministro degli Esteri». La candidatura della titolare italiana della Farnesina, Federica Mogherini, per ora si è arenata di fronte alle resistenze di alcune nazioni del Nord e dell’Est. È stata la cancelliera tedesca Angela Merkel, vera regista delle nomine, ad annunciare che non sarebbero state prese decisioni. Ma forse l’elemento più imbarazzante, per Renzi, è un altro. Dall’entourage del presidente del Consiglio Ue uscente, Herman Van Rompuy, è filtrata la notizia di un «gradimento» di molti Paesi alla candidatura di Enrico Letta come suo successore: un’eventualità che il premier italiano ha sempre escluso, vista la ruggine politica e personale tra lui e l’ex presidente del Consiglio. Ma se emergesse un’indicazione corale in questo senso, al governo non sarebbe facile rifiutare un incarico ben più importante del «Pese», la Farnesina europea, per un italiano dello stesso partito di Renzi. Si tratta di un gioco a incastro nel quale le questioni e le diatribe interne passano in secondo piano: o almeno dovrebbero. Si vedrà.

Quanto alla riforma del Senato, la previsione è che il testo voluto dal premier e da Silvio Berlusconi sarà votato non prima della prossima settimana. È zavorrato da quasi ottomila emendamenti dell’opposizione e ieri si prevedevano ancora almeno diciassette ore di dibattito. «Affrontiamo un giorno alla volta», ha risposto con realismo il ministro Maria Elena Boschi, consapevole che la filiera dei contestatori comprende pezzi del Pd e di FI. Sebbene si tratti di minoranze, sono agguerrite e sembrano non temere le minacce dei gruppi dirigenti. Il timore che la fretta di Renzi sia legata alla voglia di voto anticipato viene gonfiato strumentalmente, sapendo che può fare breccia in un Parlamento inquieto. Il problema è che l’allungamento dei tempi al Senato fa slittare a settembre la legge sul mercato del lavoro: un tema che sta a cuore sia a palazzo Chigi, sia soprattutto all’Europa. Nei toni degli alleati europei, tedeschi ma non solo, si nota un’aria di sfida nei confronti del presidente del Consiglio. A Renzi che aveva paragonato l’Europa a «una vecchia zia noiosa», replica sarcastico il ministro delle Finanze della Germania, Wolfgang Schauble: «Nella tradizione delle famiglie italiane si obbedisce più alla zia che ai genitori».

Lo scontro tra Ppe e Pse si confonde con quello tra Nord e Sud dell’Unione. E l’Italia rischia di farne le spese. La partita è aperta, e la lobby degli Stati che gravitano nel l’area tedesca getta semi di scetticismo legati alla presunta posizione filo-russa della Mogherini e alla sua inesperienza. Sarà una trattativa più lunga del previsto: una sfida insidiosa alla strategia della velocità renziana, poco compresa fuori dall’Italia.

 

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