Il sen. Leoni firma l’emendamento che conferma il commissario Leoni alla guida degli Aeroclub. Il leghista che ha scoperto il volo perpetuo

Dalla Rassegna stampa

La Lega ha di nuovo spiccato il volo. Per la precisione lo ha fatto nella notte fra giovedì e ieri quando il senatore padano Giuseppe Leoni ha firmato un emendamento alla spending review con il quale si proroga per un anno il commissario dell’Aero Club d’Italia, che è Giuseppe Leoni. Il senatore Leoni, dunque, ha confermato di stimare molto il commissario Leoni, conoscendolo bene e stimandone il lavoro fatto, senza sosta, dal lontano 2002. Infatti sono dieci anni che il senatore esce da Palazzo Madama, si toglie il celebre papillon e indossa occhialoni e cuffia di cuoio con massimo godimento. E, sia detto subito, senza prendere il becco di un quattrino: tutto gratis, tutto volontariato, tutta gloria celeste. E però la cosa non è andata giù a un sacco di gente, specialmente al collega di Futuro e Libertà, Enzo Raisi, che ieri s’è inalberato per la millesima volta: «Scandaloso! Vergogna!».

Raisi oltretutto sostiene che, in quanto parlamentare, Leoni sarebbe incompatibile con la carica di numero uno di un ente controllato dal ministero dei Trasporti. Sono questioni da comma bis. Quello che appare oggi simpaticamente rimarchevole (anche a Raisi), è il colpo d’ala con cui Leoni si è prorogato da sé.

L’Aero Club d’Italia riunisce sotto l’alta egida del senatore le associazioni che promuovono il volo in ogni sua applicazione, anche da diporto: il turistico, l’ultraleggero, il paracadutismo. Lui, il vecchio Leoni, è con Umberto Bossi il più antico parlamentare della Lega: entrò alla Camera nel 1987, venticinque anni e sei legislature fa. Una performance da capocorrente democristiano, eppure è fondatore della Lega, e ne è così affezionato che quando l’Aero Club prese diciotto nuovi apparecchi, vennero battezzati secondo criteri, diciamo così, intimistici: l’ICald era l’aereo dedicato a Calderoli, l’I-Rmar era l’aereo dedicato a Maroni, l’I-GiTr era l’aereo dedicato a Tremonti e l’I-Noel era l’aereo che il nostro comandante dedicò a sé (leggete I-Noel al contrario). È soltanto un episodio - dicono i nemici di Leoni - per intuire la portata della gestione affettiva del comandante. Nel tempo vari parlamentari hanno scritto interrogazioni fra il sacrosanto e il tignoso: perché mai il regolamento di contabilità e bilancio è stato redatto da consulenti esterni scelti a discrezione del commissario (Antonio Borghesi, Italia dei Valori)? Perché mai l’Aero Club Italia spende denari pubblici in fragorose feste di gala (Marco Perduca, Radicali)? Come mai i dirigenti del club vengono assunti senza concorso (Maria Antonietta Coscioni, Radicali)? Come mai l’Aero Club ha un contenzioso con l’Agenzia delle entrate (Alessio Butti, Pdl)? Come mai, nonostante la scadenza dei termini, il nuovo statuto non è stato ancora approvato (Ettore Rosato, Pd)?

Insomma, con mezzo palazzo addosso (e pure qualche federazione sportiva aeronautica), sembrava che per Leoni fosse giunto il momento di ritirarsi in hangar. Anche perché l’implacabile e ringhioso Raisi aveva dettagliato il suo parere sulle competenze d’aria del rivale: «L’unico merito è stato quello di far parte del cosiddetto Cerchio Magico del leader della Lega Nord, Umberto Bossi. Ora che non c’è più (il cerchio magico, ndr) vengono a mancare anche le motivazioni clientelari che hanno portato alla nomina». E invece Leoni è uscito vivo anche da questa purga, forse perché ha sessantacinque anni e conosce Maroni da quando portava bei mustacchi da messicano, forse perché l’alto incarico è tale soltanto dopo il decollo. Di certo l’abile mossa di nominare se stesso dovrebbe consegnare a Leoni almeno il titolo di Barone Verde.

 

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