Se l’euro sceglie la Grecia come simbolo

Certo è un bel paradosso, nel momento in cui Atene brucia e la Grecia è quasi fuori dell’Eurozona, trattata come un paria della Ue, un appestato da tenere a debita distanza per non finire tutti contagiati.
Ebbene, proprio adesso, dal cuore della ostile Germania, i severi custodi dell’ortodossia finanziaria della Bce si affidano a un mito greco - sia pure al mito eponimo del continente - per rifare il look degli euro. Come poteva immaginare, la figlia di Agenore, mentre volava sul mare in groppa al rapitore Zeus in sembiante di toro bianco, che quello dalla natia Tiro fino a Creta sarebbe stato soltanto l’inizio del suo peregrinare? X-mila anni dopo, Europa riprende il viaggio, trasformata in un ologramma che ne restituirà il ritratto nelle banconote da 5 euro che dall’anno prossimo cominceranno la loro odissea nello spazio della moneta comune.
L’inesauribile vitalità del mito, verrebbe da dire con Joseph Campbell. L’ineludibilità delle radici. Ma anche uno scherzo del fato, tanto più se si considera che il vaso da cui è tratta l’immagine, un’anfora di tipo panatenaico a figure rosse, ora al Louvre, è stato ritrovato nell’Italia meridionale, quella Magna Graecia accomunata all’antica madrepatria nell’esecrazione degli eurovirtuosi. Insomma, il Sud insulare e peninsulare affonda l’economia del resto d’Europa, e l’Europa non trova di meglio che stampare sulle sue banconote un’icona di quel mondo economicamente vizioso e vocato al suicidio? Non sarà di cattivo auspicio?
Una speranza, forse, viene dall’etimologia: Europa significa letteralmente «ampio sguardo», un epiteto della luna, e ci vuole davvero una notevole ampiezza di vedute, con questi chiari di luna, per districarsi nelle strettoie della crisi senza impelagarsi nelle questioni contabili. E poi diciamolo: mettere sui 5 euro la faccia di Gudrun o Brunilde non sarebbe stata la stessa cosa, neppure l’inflessibile Angela Merkel e il suo ancor più inflessibile ministro Schäuble avrebbero osato tanto.
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