Sbarchi, naufragi, tragedie: ritornano i barconi del dolore

UNO STRANO SILENZIO M EDIATI CO AVVOLGE LA RI PRESA DELLA STAGIONE DELLE MIGRAZIONI AL SUD DEL PAESE. IN MENO DI QUATTRO GIORNI, SONO APPRODATI circa trecento migranti in Calabria e circa cinquecento in Sicilia (stima approssimativa dai lanci Ansa e cronache locali) ma potrebbero essere molti di più. Inoltre, chi scrive lo fa mentre altre due imbarcazioni sono state avvistate a sud di Lampedusa. La Guardia costiera è impegnata senza sosta, con le sue motovedette, nel Canale di Sicilia, e varie sono state le operazioni di soccorso. Afghani, curdi, siriani, egiziani, di cui bambini e donne incinte, pronte a rischiare tutto e che ci dovrebbero fare riflettere sulle ragioni di queste migrazioni - solo bombe fame o persecuzioni possono spingere donne ad imbarcarsi di notte al buio con i loro pancioni -.
Ieri è pure nata una bimba siriana durante il lungo viaggio verso le cose Calabrese. Una speranza che offusca a malapena il cadavere di un immigrato subsahariano, avvistato a largo del Siracusano dove l’altra notte è approdato un barcone. Non è stato degno nemmeno di una notizia. Quando il silenzio viene squarciato dalle cineprese, si focalizzano sul momento drammatico dello sbarco, e poco o nulla si sa del probabile percorso una volta arrivati in Italia. I subsahariani vengono posteggiati in centri di accoglienza. I siriani, e soggetti vulnerabili nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Egiziani e tunisini, per via degli accordi bilaterali di riammissione dei migranti irregolari con Tunisia ed Egitto sono in generale subito rimpatriati a bordo di voli charter, nel giro di poche ore. Il rimpatrio forzato, dopo il trattenimento in centri ad hoc di identificazione rapida - specie di centri di detenzione temporanei in palestre, stadi requisiti dalle prefetture, dove i migranti vengono isolati e interrogati dai soli ufficiali di Frontex (l’ente europeo per il controllo delle frontiere), rappresentanti dei loro consolati, (vietate le visite di organizzazioni come Unhcr e Save the Children) sono stati di recente condannati dal relatore speciale dell’Onu sui diritti umani dei migranti, Francis Crépeau. Cioè, casi di respingimento collettivo da parte delle polizie di frontiera di Siracusa, Trapani e Agrigento, e altre regioni, come Calabria e Puglia, come se il decreto legislativo n.25 del 2008 non avesse espressamente abrogato quelle residue disposizioni della legge Martelli (39/90) che consentivano alle autorità di polizia in frontiera di valutare come manifestamente infondata una richiesta di asilo e di procedere immediatamente all’accompagnamento forzato. Siamo in realtà da mesi, in continuità con il governo precedente, di fronte ad una serie di prassi illegittime dalla polizia di frontiera che ignora le prescrizioni vincolanti in materia di respingimento e trattenimento amministrativo, dettate dal Regolamento Frontiere Schengen, n.562 del 2006, che impone formalità e garanzie precise per tutti i casi di respingimento, dalla Direttiva sui rimpatri 2008/115/Ce (secondo cui il trattenimento amministrativo si può verificare solo all’interno dei Cie con precise garanzie procedurali), e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che all’art. 19 vieta espressamente le espulsioni ed i respingimenti collettivi. Per non parlare della Costituzione italiana che, negli articoli 13 e 24 stabilisce l’obbligo della convalida giurisdizionale del trattenimento amministrativo ed il diritto ad un ricorso effettivo per tutti, dunque anche per gli immigrati irregolari, come ribadito dall’art. 13 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo.
Un copione già noto, dalle altre stagioni, che si ripete ma in condizioni più drammatiche ancora perché il sistema di accoglienza è oggi destrutturato e senza i soldi della protezione civile, con fondi ridotti al minimo. Resistono solo gli Sprar finanziati dai comuni, ma dalle ultime notizie giunte, il centro di accoglienza di Mineo sta ormai esplodendo. Sono circa tremila gli «ospiti», di cui centinaia di richiedenti asilo dal Mali, cui per la grave crisi umanitaria nel Paese da una circolare del Ministero dell’Interno (n. 4369 del 15 giugno 2012), si sarebbe dovuto riconoscere la protezione sussidiaria; per tutti gli altri richiedenti asilo, lungaggini burocratiche per il rilascio del permesso di soggiorno tali da fare durare la loro detenzione fino a 18 mesi. Gli effetti? Trattamento degradante della persona umana, frustrazione e disperazione. Recentemente c’è stata una rivolta massiccia, e non per causa della fila per il cibo... Interrogarsi invece sulle reazioni all’uguaglianza negata? Ancora là silenzio, assordante.
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