Rotto il silenzio sull’eutanasia

Con l’appello del Presidente Napolitano affinché il Parlamento prenda in considerazione la proposta di legge di iniziativa popolare per l’Eutanasia Legale promossa e presentata lo scorso 13 settembre dall’Associazione Luca Coscioni, si è riaperta in questi giorni la discussione attorno al delicato tema della "dolce morte". Un inaccettabile silenzio quello della Camera davanti alle oltre 65.000 firme raccolte dall’Associazione presieduta da Carlo Troilo, che dal 18 marzo ha intrapreso uno sciopero della fame al fine di scuotere l’opinione pubblica e l’interesse delle istituzioni riguardo una questione che non soltanto interessa un numero sempre maggiore di cittadini, ma che rientra nel campo dei diritti garantiti dalla Costituzione (art. 32: "La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana"), troppo spesso sottaciuti da forze politiche asservite ai diktat delle gerarchie ecclesiastiche e alle continue ingerenze della Chiesa Cattolica su un sistema legislativo che riguarda la totalità di una popolazione, il 70 per cento della quale si dichiara "lontana" dalla Chiesa (dati Censur).
Detto questo, viene fatto di osservare come il discorso sull’impellente necessità dell’elaborazione di leggi a tutela del diritto dei cittadini italiani di disporre del proprio corpo secondo coscienza vada esteso a temi sui quali si sono fatti, negli ultimi anni, inquietanti passi indietro. Diritti acquisiti e rimessi oggi in discussione, come quello all’IVG, garantito in Italia dalla legge 194 e per la cui mancata osservanza il nostro Paese è stato di fresco denunciato dal Consiglio d’Europa. Ha fatto scalpore il caso di Valentina, abbandonata ad abortire al quinto mese di gravidanza in un bagno dell’ospedale Pertini di Roma. Portatrice di una malattia genetica trasmissibile, la donna si è trovata ingabbiata su due fronti: da un lato la negata assistenza dei medici obiettori, dall’altro la legge 40/2004, che nega alle coppie fertili fecondazione assistita e diagnosi pre-impianto, ferocemente limitandone la scelta. Un punto della legge, su cui, a seguito della vicenda, il tribunale di Roma ha sollevato dubbi di costituzionalità e che da solo (un altro articolo, quello che nega la procreazione assistita di tipo eterologo, presenta inaccettabili risvolti classisti) basterebbe a far riaprire il confronto sulla 40/2004.
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