Rivoluzione evoluta

Dalla Rassegna stampa

Con un sospiro, l'amico si abbandona su una sedia all'ombra. Io avevo preferito quella esposta al sole, il primo sole di una primavera inaspettatamente succeduta alle scorse nevicate. L'amico è una cara persona, fa sempre piacere incontrarlo, al chiosco del bar al centro del parco di quartiere, oggi pieno degli strilli dei bambini che le mamme hanno appena raccolto all'uscita della vicina scuola elementare e che qui si sfogano e sgambettano prima di rientrare a casa per fare i compiti - e intanto le mamme, con in mano i pesanti zainetti dei figli, si rifanno il trucco ai tavolini del chiosco, davanti a una aranciata o a un caffè. Mi preparo a una chiacchierata rilassante ma non banale, l'amico è intelligente e spesso pungente.

Avevo portato con me, per leggiucchiarla, una rivista di cultura politica, molto di sinistra e molto diffusa. Il numero che ho comperato è monografico, penso mi interessino i vari saggi, dedicati alla "avventura della 'scimmia nuda' che tutti noi siamo, e che avrebbe potuto non accadere mai". Parlano, è facile capirlo, dell'homo sapiens" e della sua lunghissima storia evolutiva. L'introduzione programmatica è tranchant: "Se ne facciano una ragione i sostenitori di disegni più o meno intelligenti: le evidenze scientifiche confermano ogni giorno di più che a condizionare l'evoluzione dell'homo sapiens è stata la casuale combinazione di fattori del tutto contingenti ed 'esterni', in particolare eventi climatici e fattori geografici...".

Più che l'incipit di un ragionamento scientifico appare come il manifesto di un programma ideologico: e si capisce, il tema dell'evoluzione è un caposaldo dello scontro laicista contro i fideismi creazionisti; temo anzi che anche qui si parli soprattutto di scontro con la chiesa cattolica, piuttosto che con i fondamentalismi di certo protestantesimo americano (cui oggi sembra adeguarsi il fondamentalismo di un cattolico, il candidato repubblicano alla presidenza Rick Santorum). I saggi sembrano peraltro consistenti. Il primo illustra le ultime, "nuove scoperte scientifiche il cui significato culturale e filosofico non può essere sottovalutato" perché ci costringono a una "revisione radicale dell'immagine dell'evoluzione umana".

Pare infatti che la scienza abbia abbandonato il "paradigma unilineare che, interpretava la nostra storia naturale come una carrellata di stadi di progresso. “L'ultimo ramoscello sopravvissuto oggi, cioè homo sapiens" si collega con l'antenato comune fra noi umani e gli scimpanzé" attraverso un "intricato diagramma" "composto al momento da almeno venti specie differenti". "Non una marcia di avvicinamento all'umanità moderna, ma una esuberante esplorazione di possibilità". "La coabitazione di specie diverse è stata la nonna. Non siamo mai stati soli, tranne che nelle ultime, poche migliaia di anni". E infine: "Oggi ci accorgiamo che il potere delle circostanze è stato dominante nella nostra storia naturale e che quindi i fattori primari che ci hanno condotti fin qui furono talvolta indipendenti dalla maggiore efficienza o dalla presunta 'superiorità' intrinseca dei 'vincitori'. In conclusione, "l'unicità e la sub-ottimalità sono i marchi di fabbrica della nostra evoluzione, non certo la perfezione". Ahimé, questa cruda esposizione, sicuramente costruita su dati ed elementi scientifici, non può convivere con l'idea di un Dio che ha creato l'uomo a "sua immagine e somiglianza". Laicisti all'attacco, c'è materia di cui rinfocolare lo scontro ideologico.

Errori di copertina
L'amico mi sfila dalle mani il fascicolo. Punta il dito sulla copertina. "Oddio. Guarda che schifezza", fa, con un tono decisamente sopra le righe. Sulla copertina a colori campeggiano quattro immagini, in ordinata sequenza: un teschio umano preistorico, il ritratto di giovane uomo ritagliato da un dipinto italiano di età rinascimentale, una fotografia (peraltro famosa) di Che Guevara e la riproduzione di un probabile quadro contemporaneo che rappresenta una testa umana composta di un groviglio di fili, cavi e congegni elettronici.

"Perché schifezza?", chiedo. "Perché, nel loro smaccato progressismo ideologico, queste sono immagini inadeguate al tema. Per dire: gli autori della copertina, ma penso anche la direzione e redazione della rivista, cadono nel più banale eurocentrismo, che ritengo sia una posizione contraddittoria con gli ideali propugnati dalla rivista. Invece del giovane rinascimentale italiano non potevano inserire, per dire, l'immagine di un qualche sapiente dei tempi d'oro della Cina, quella delle invenzioni straordinarie?". "Non è poi una gran colpa", faccio io, ma l'amico incalza: "Passi pure sull'eurocentrismo. Però, scusa, guarda qui: il terzo esempio posto a emblema del progresso umano è il Che Guevara. Ma ti pare?".

In effetti quell'immagine aveva colpito anche me. L'intento risulta provocatorio. Mentre nel mondo si cerca di elaborare una strategia di fuoriuscita possibilmente democratica dalla crisi economicostrutturale della globalizzazione, il modello qui indicato è quello della guerriglia sudamericana, secondo stereotipi sessantottini. Ideologia per ideologia, perché non Gandhi, allora?

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