Rimborsi, pasticci e partiti

A quanto pare i partiti hanno troppi soldi, almeno a giudicare dagli avanzi di bilancio della Margherita poi utilizzati in modo non certo limpido dall'amministratore del partito e dalle disponibilità di quello della Lega, che poteva permettersi operazioni finanziarie bizzarre e donazioni. Di fronte a questi scandali molti invocano una legge che dovrebbe risolvere tutti i problemi. Mentre i Radicali annunciano un nuovo referendum per cancellare tout-court il finanziamento ai partiti. È una vecchia mania, quella di regolare tutto dall'alto, con provvedimenti adottati sotto l'onda emotiva dell'indignazione che poi si dimostrano inutili o addirittura controproducenti. Stabilire norme sul funzionamento di libere associazioni tra privati cittadini, magari consentire alla magistratura di interferire sull'impiego delle risorse, creerebbe in realtà nuovi problemi e nuove difficoltà, senza sciogliere quelli evidenziati. Non sono le procure l'organismo che può tutelare la correttezza della vita pubblica. Quel che servirebbe è una semplificazione che riconduca la legge sul finanziamento delle spese elettorali alla sua funzione effettiva, che è di finanziamento dell'attività dei partiti. Sarebbe bene, per esempio, finanziare spese effettive: di stampa, di propaganda, di affitto delle sedi e anche di retribuzione di un apparato organizzativo di dimensioni compatibili con il sostegno elettorale conseguito, sia al livello nazionale sia a quelli territoriali. Di queste sovvenzioni è lecito chiedere conto, proprio perché la loro destinazione è definita. Poi si dovrebbe far crescere il sistema dei liberi finanziamenti privati, incentivati sul piano fiscale, del cui uso discrezionale i partiti debbono rispondere solo ai propri organismi interni, secondo i loro statuti. Si uscirebbe così, tra l'altro, dalla confusione giuridica che consente ad alcuni magistrati di considerare truffa ai danni dello stato l'impiego di risorse messe a disposizione di un'associazione privata.
L'altra strada, quella che finisce col trasformare i partiti in una specie di ente parastatale, oltre a essere il veicolo di una pericolosa intromissione in un diritto di associazione politica che è dei cittadini e che potrebbe determinare distorsioni nella vita democratica, porterebbe verso la burocratizzazione della politica e favorirebbe la conservazione delle strutture partitiche esistenti, mentre frenerebbe la nascita e lo spazio competitivo di eventuali nuovi attori. Già ora si assiste al paradosso di partiti sciolti che non esercitano attività politica ma gestiscono patrimoni e finanziamenti. È bene fare pulizia, e ridurre gli esborsi pubblici, ma quel che conta più di tutto è il mantenimento rigoroso delle libertà costituzionali, tra le quali quella di associazione politica è fondamentale.
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