Rileggere la storia per ripartire

Dalla Rassegna stampa

Il risultato dei referendum indica chi sono gli sconfitti, ma non è una vittoria delle opposizioni. Hanno vinto i cittadini, le persone, gli elettori. Non è una vittoria di parte o di partito. La richiesta di cambiamento è forte, ma la via d'uscita da questa situazione non è chiara. Si comprende la voglia di scardinare il vecchio sistema e si vede la trasformazione in atto, anche perché è davanti ai nostri occhi, ma non si sa quale sarà l'esito di una tale richiesta di cambiamento che proviene dai cittadini. L'analisi politica fatta da Paolo Pillitteri in un articolo di ieri su L'Opinione appare in tutta la sua limpidezza: è “Un film già visto”.

Anche il direttore Arturo Diaconale non lascia spazio a fraintendimenti: "La valanga di protesta non contiene alcuna seria e chiara indicazione su quale potrebbe essere l'alternativa all'attuale governo, all'attuale Parlamento, all'attuale sistema bipolare". Provo a rispondere: la via d'uscita che vado proponendo da tempo è quella di costruire un "altro"terreno, un altro campo, diverso e alternativo al Potere trasversale del sistema partitocratico di centro, di destra e di sinistra. Nel 1994, in occasione delle elezioni politiche, Silvio Berlusconi dimostrò di aver capito la trasformazione in atto e di voler abbracciare la prospettiva della "rivoluzione liberale" indicata, all'epoca, soprattutto da Antonio Martino e dai Radicali di Marco Pannella. Nella coalizione, che vinse il 27 e 28 marzo 1994, l'imprenditore milanese costruì due alleanze: una al nord con la Lega e i Radicali, chiamato "Polo della Libertà"; un'altra al centro e al sud con l'Msi, ma senza i Radicali, denominato "Polo del Buon Governo". In più, c'era anche il Ccd di Casini. Addirittura, in quell'occasione, Pannella si candidò nel collegio 24 di Roma in alternativa a Gianfranco Fini. Ci pensò la sinistra a far perdere Pannella presentando due candidature di disturbo. Berlusconi, invece, scelse di interpretare la voglia di rinnovamento puntando sull'attuazione di un sistema politico fondato sull'alternanza al potere: chi vince governa, chi perde va all'opposizione e controlla l'operato della maggioranza. In quel frangente, il futuro premier si espose esplicitamente a sostegno della traiettoria liberale voluta da Martino e da Pannella. Ma il passato è passato, ora si deve guardare avanti. Anzi, "si può" guardare avanti. Finalmente. Ribadisco, in tal senso, la mia proposta di una costituente liberale e democratica. Persevero nel rileggere la storia politica ed elettorale di questi ultimi sedici anni perché può essere utile per apprendere elementi dimenticati o taciuti dalla classe dirigente italiana e dai maggiori organi di informazione nazionali. Innanzitutto, è importante ricordare che il sistema politico dell'alternanza, nato sulla scia referendaria dei primi anni novanta, è stato gravemente inficiato, nel corso del tempo, dalla mancata riforma della legge elettorale in senso uninominale e maggioritario. Le elezioni comunali dell'autunno del 1993 avviarono il cambiamento di prospettiva politica: si passava da un sistema bloccato dal bipolarismo Dc-Pci alla possibilità di un'alternanza al governo. Il leader del centrodestra, infatti, nel 1994, caratterizzò il proprio programma elettorale incentrandolo sulle riforme economiche, istituzionali e della giustizia che connotavano, storicamente, la proposta politica dei Radicali. Nel testo dell'accordo tra Pannella e Berlusconi c'era scritto: "Abbiamo scelto insieme il modello anglosassone-americano, presidenzialista e federale, con l'elezione uninominale, maggioritaria e a un solo turno di candidati". Sempre nel 1994, al congresso dei Radicali, Berlusconi ribadì: "Vengo con l'animo di chi ritrova degli amici antichi. Credo che si debba migliorare questa legge elettorale togliendo il momento proporzionale. Anch'io penso che la scelta non possa essere che nella direzione del turno unico secco". Quello che si era avuto, infatti, era stato un vero e proprio sovvertimento della volontà popolare che aveva portato alla legge elettorale denominata "mattarellum", cioè una miscela di maggioritario e di proporzionale. Oggi, in più e peggio, si è arrivati al "porcellum", cioè alle liste bloccate e senza possibilità, da parte dell'elettore, di votare il proprio candidato, ma soltanto la lista o il partito, secondo la vecchia logica del proporzionale. È la partitocrazia di sempre.

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