Riforma dei partiti slitta tutto al dopo-voto

Dalla Rassegna stampa

Solo una settimana fa nella sala comandi dei partiti di maggioranza scommettevano di poter annunciare un accordo sul dimezzamento del finanziamento pubblico prima delle comunali di domenica: fissando a ieri mattina la dead-line per presentare il testo di legge-antidoto all'antipolitica. Ma il piano è saltato e al suo posto è andato in scena prima uno scontro dietro le quinte su quanto e quando tagliare e poi uno scaricabarile sulla colpa del rinvio; guarda caso a lunedì alle 15, quando si chiuderanno le urne in tutta Italia.

Insomma, l'accordo tra Pd, Pdl e Terzo Polo su quanto tagliare a regime e se dimezzare già la rata di 180 milioni di luglio dovranno trovarlo Mano, Bersani e Casini nelle prossime ore; perché formalizzare nero su bianco una riduzione- che non sia «drastica» come quella ventilata avrebbe avuto effetti disastrosi. Ancor di più dopo la figuraccia del testo ABC messo in piedi di corsa per placare l'ondata di antipolitica e bocciato sonoramente dai tecnici della Camera. Per questo i due relatori Bressa del Pd e Calderisi del Dal si sono presi altri quattro giorni di tempo: per fare - è questa la versione ufficiale - le cose per bene. Troppe stratificazioni legislative, dal '99 ad oggi sul finanziamento pubblico, che obbligano ad una riscrittura delle regole su soldi e bilanci tale da riuscire a mettere un punto e a capo. Ma la pantomima di ieri mattina, prima un rinvio della presentazione del testo base in commissione alle 13 e poi l'annuncio dello slittamento a lunedì prossimo, cela una serie di problemi politici non da poco.

Al punto da indurre Renato Schifani ad avvertire «che se i partiti si faranno precedere da Giuliano Amato, perderanno definitivamente la loro credibilità». Ed è proprio sul ruolo di Amato, nominato consulente del governo sul delicato tema che si è diffuso un giallo: anche se Amato tiene a chiarire di non aver «nulla a che fare con il commissariamento dei partiti», spiegando che il suo è un ruolo di affiancamento al Parlamento, i relatori non hanno avuto ancora contatti con lui, «con noi non si è fatto ancora vivo»; qualcuno dice che sta approntando un «libro bianco» sulla questione da presentare entro due settimane. Ma il ministro Giarda si stupisce. «Quella di Amato non è una no: mina, ma semplicemente la richiesta da parte di Monti di produrre un parere autorevole sulle implicazioni insite nel testo dell'articolo 49 della Costituzione». Perché nel dettato della Carta «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale», la parola "democratico" contiene più di una implicazione sulle forme che può avere il finanziamento alle forze politiche. E in seno al governo c'è chi ritiene che sarebbe improprio che un partito faccia capo a una società per azioni o a una fondazione perché non si concilierebbe con la forma democratica, così come reperire tutte le risorse con il 5 per mille. Nessuno, lo dice in chiaro, ma il riferimento alla proposta di Alfano di consentire solo l'autofinanziamento è evidente; e ciò svela come il governo attenda al varco i partiti, oltre che incalzarli a fare presto.

Nel frattempo, il Pd deposita la proposta firmata da Bersani. Riduzione del 50% delle risorse già dalla tranche di luglio 2012; dimezzare il finanziamento da 182 a 90 milioni di euro, legarlo ai voti validi (non alle liste elettorali) e in parte all'autofinanziamento. Nel Pdl assicurano che l'intesa c'è sullo schema due-terzi/un-terzo. Due terzi dei contributi in base ai voti presi e un terzo erogato ai partiti che documentino un co-finanziamento privato.

Ma la volontà di non tradire l'impegno di andare in aula il 14 maggio, fa notare il Radicale Maurizio Turco nel suo intervento in commissione, non deve strozzare i tempi per valutare il testo e presentare gli emendamenti. Quindi non è escluso che, malgrado le sedute notturne, la battaglia sui testi impegni le truppe fino al 21 Maggio. «Fanno slittare la legge per paura delle elezioni», attacca la Lega. E il tesoriere del Pd Misiani se la prende con «chi punta a tirarla per le lunghe pur di non perdere nell'immediato nemmeno un euro, parlando di fantomatiche proposte per il futuro più lontano».

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