Retromarcia della Lega su Cosentino baratto politico e ragioni giudiziarie

Dalla Rassegna stampa

Lunedì avevano detto sì, ieri no. Nel merito, durante le quarantott'ore d'intervallo, non è cambiato niente. La richiesta d'arresto per il deputato del Pdl Nicola Cosentino, accusato di collusione con la camorra casalese, è sempre la stessa. Ma se prima del voto della giunta l'ex ministro dell'Interno e numero due (ancora?) della Lega Roberto Maroni aveva annunciato il sì all'istanza del giudice perché «non c'è fumus persecutionis», alla vigilia del pronunciamento dell'Aula il numero uno Umberto Bossi ribalta tutto e dice no: «Nelle carte non esce niente, non esce una colpevolezza».

A parte che non è la colpevolezza che deve uscire, bensì come dice Maroni l'eventuale intento persecutorio dei magistrati, c'è da dubitare che sia quello il vero motivo della retromarcia leghista. Per il semplice motivo che, per l'appunto, le carte sono sempre le stesse. E due letture così opposte - ammesso che i due leader abbiano letto qualcosa - non si spiegano con valutazioni di tipo giudiziario. Perché la decisione dei deputati dev'essere sì politica, ma in relazione ai canoni adottati dai magistrati (non più solo i pubblici ministeri e il giudice, ma anche il tribunale del Riesame).

Più probabilmente, e indipendentemente da come finirà vista la «libertà di coscienza» accordata ai rappresentanti leghisti, nell'annuncio di Bossi hanno prevalso altre ragioni. Sempre di tipo politico, ma che poco hanno a che fare con la posizione giudiziaria dell'onorevole Cosentino. E così - a differenza di quanto appare nelle decisioni dei radicali e dello stesso Pdl - il no leghista all'arresto suggerito dal Grande capo sembra uscito da logiche di alleanze e strategie partitiche. Al pari del sì proposto da Maroni, del resto, che l'aveva accompagnato spiegando che «non siamo più alleati del Pdl e quindi rospi non dobbiamo ingoiarne più».

Logiche di mercato politico. Che passano sopra alla vicenda giudiziaria, ma anche sulla testa del deputato-indagato Cosentino. Ridotto a merce di scambio, spedito alla galera preventiva o lasciato libero non per ciò che hanno raccolto e chiesto i suoi accusatori, ma per un gioco di baratti parlamentari. Passati e futuri.

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