Renzi, primo banco di prova: linea di equilibrio tra Mosca e Kiev

«Il governo italiano si associa alle pressanti richieste della comunità internazionale affinché sia rispettata la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Violazioni di tali principi sarebbero per l’Italia del tutto inaccettabili». La nota esce da palazzo Chigi al termine della riunione che Matteo Renzi ha presieduto ieri pomeriggio e alla quale hanno preso parte i ministri degli Esteri e della Difesa, Federica Mogherini e Roberta Pinotti, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Marco Minniti e il direttore del dipartimento Sicurezza Giampiero Massolo. Dal breve comunicato si comprende che l’Italia si allinea con i toni duri usati dagli Stati Uniti di Obama nei confronti di Mosca, senza però sbilanciarsi ora su una possibile defezione dell’Italia al G8 di Sochi di giugno come invece già annunciato da Parigi e Londra.
Un dettaglio che certifica come la diplomazia italiana si muova più in sintonia con quella tedesca e che insieme Roma e Berlino chiedono «alla Russia di evitare azioni che comportino un ulteriore aggravamento della crisi e a perseguire con ogni mezzo la via del dialogo», ma sollecitano anche «le autorità di Kiev a promuovere ogni sforzo volto alla stabilità e alla pacificazione del Paese nel rispetto della legalità e della tutela delle minoranze». Palazzo Chigi si muove con maggiore cautela e, malgrado il preoccupante report fatto dal ministro degli Esteri Mogherini, intende tenere aperte le porte del dialogo con Mosca. D’altra parte il dossier ucraino è da tempo all’attenzione del ministero degli Esteri e del viceministro Lapo Pistelli - già alla Farnesina con Emma Bonino - da sempre fautore di una soluzione che avvicini Kiev a Bruxelles senza «provocazioni» nei confronti di Mosca. L’attenzione e la prudenza dell’Italia non si spiegano però solo con i noti problemi di dipendenza del nostro paese dal gas russo, quanto dal fatto che proprio a giugno, mese del G8, l’Italia di Renzi assumerà la presidenza dell’Unione.
Un "no" preventivo al summit di Sochi, come annunciato da Francia e Gran Bretagna, avrebbe avuto in questo caso una valenza doppia. Non a caso ieri pomeriggio da palazzo Chigi sono partite telefonate verso tutti i principali partner europei. Il presidente del Consiglio si è intrattenuto al telefono sia con la moderata Merkel sia con il falco Hollande che accusa senza mezzi termini Putin di aver invaso la zona russofona della Crimea. Oggi i ministri degli Esteri dei Ventisette si ritroveranno a Bruxelles e per il neo ministro Mogherini si tratta di un vero e proprio battesimo del fuoco iniziato subito dopo il giuramento con i ripetuti contatti con i vertici della Nato. A palazzo Chigi è forte la convinzione che esistano ancora ampi spazi di mediazione per evitare che il dispiegamento militare russo si trasformi in azione militare vera e propria. La preoccupazione che la spinta europeista, che ha mosso le manifestazioni di Kiev dei giorni scorsi, si trasformi in spinta nazionalista, spinge non solo l’Italia a chiedere al governo di Kiev di tenere in dovuto conto i diritti delle minoranze. La linea del dialogo, dell’integrità e della sovranità dell’Ucraina verrà oggi sostenuta a Bruxelles dal ministro Mogherini in stretta sintonia con le decisioni che prenderanno i paesi dell’alleanza atlantica.
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