Relativismi

Dalla Rassegna stampa

La crisi economica attanaglia mezzo mondo, ma il suo epicentro sembra collocabile in eguale misura tra Stati Uniti ed Europa. Non provo neppure a indicarne i responsabili, o a stilare suggerimenti utili a risolverla. Ma neanche le istituzioni e le classi dirigenti, di là come di qua dell'Atlantico, sembra siano in grado di controllarne sviluppi ed esiti. A sua volta, l'autorità religiosa mantiene un silenzio discreto (o impacciato?), non ha e non dà ispirazioni, in attesa (umanamente) che qualcosa accada ma senza poter dire cosa, e in quale direzione, debba accadere. La antica endiade, così cara agli spiriti religiosi, "salvezza contro salute", non viene troppo evocata o invocata. Eppure, fino a poco tempo fa, almeno la chiesa cattolica - non solo essa, per la verità aveva una risposta semplice e diretta, per denunciare le responsabilità delle cose che non andavano: la risposta era, martellante, che le cose non andavano a causa del relativismo che pervade ogni angolo della società e la disgrega, impedendole di toccare la sponda della salvezza etica e della salute economica. Era un ritornello: "Se vuoi la salute, cerca la salvezza".

La denuncia del relativismo dirigeva i suoi strali non solo sull'Italia (terra comunque privilegiata nelle cure della chiesa) ma sull'intero occidente. Il relativismo veniva indicato come la malattia principale e più pericolosa dell'occidente. Un occhio di riguardo lo si aveva nei confronti dell'America, il paese le cui classi politiche invocano Dio e in cui lo spirito biblico e cristiano informa, o sembra informare, le pratiche sociali e istituzionali. L'America, su questo terreno, appariva in grado di insegnare molto alla vecchia Europa laicista, scenario di quella fosca e tragica rappresentazione che è la morte di Dio messa in scena da intellettuali banditori di un individualismo sfrenato. La lunga prosperità, il primato dell'America in ogni settore sociale trovavano in questi riconoscimenti una solida base. Ma oggi è proprio l'America a deragliare, capeggiando la crisi mondiale. Cosa è successo? Dio non protegge più quel suo popolo? Aspetta anche lui, corrucciato, l'arrivo al potere del Tea Party, interprete delle più profonde radici del fondamentalismo americano, quelle già agitate dal fanatismo della Bible belt e dei neocon?

Sarebbe interessante sapere quali riflessioni e quali prospettive maturino, su questi temi, presso le grandi autorità religiose. In questi anni, la chiesa cattolica ha assunto la leadership del mondo cristiano. Se il pensiero religioso ispirato al Cristo ristagna dovunque, almeno la Roma del Papa, nonostante le difficoltà interne che la travagliano (non siamo noi a rilevarle, non siamo partecipi né fautori di nessuna congiura anticattolica), può presentare una immagine organizzata se non organica. Oggi però il suo cavallo di battaglia, appunto la lotta contro il relativismo, pare abbia perso fiato e mordente. La chiesa è silenziosa. Anche perché, al di fuori delle mura dell'occidente, non si intravede qualcosa di più promettente, di più certo, sicuro, affidabile. Tutto il contrario, semmai: dopo aver succhiato dall'occidente regole e norme giuridiche ed etiche, istituzioni, tecnologie e meccanismi di sviluppo, persino le arti, il resto del mondo, pur emergendo prepotentemente al proscenio della storia, non, presenta alcun carattere di innovazione spirituale (o almeno culturale) tale da instillare speranza di un mondo nuovo e migliore. La profezia di Fukuyama si avvera al livello più basso, la storia si dissolve nelle formule della democrazia tratteggiate dal pensatore, ma il dopostoria sdipana sequenze negative, pessimistiche. Il relativismo non è più la malattia dell'occidente, è la norma oscura che governa il mondo globalizzato. Non si vede però una autorità spirituale capace di rovesciare il corso: le confessioni cristiane si illudono di conseguire grandi successi quando hanno di fronte vecchi rottami religiosi, l'animismo o qualche forma di politeismo arcaico, qua e là si fanno una sorda guerra intestina, ma non riescono nemmeno a intaccare l'islam o altre grandi tradizioni culturali e religiose.

Un po' di fiducia alla vecchia Europa
Alla fine, temiamo che ci si debba contentare di quello che si ha, e ripiegare sull'occidente. Quello che l'occidente ci offre e che se non altro conosciamo per lunga consuetudine e convivenza, è forse ancora più credibile, solido e persino efficiente di quanto ci viene offerto dal resto del mondo, dove i concetti, le idee, i programmi mutuati dall'occidente appaiono fragili, male assimilati, contraddetti da prassi che ne mistificano e smentiscono a volte i presupposti. La chiesa e le chiese dovrebbero tenere conto di questo poco edificante, ma ineluttabile, spettacolo. Forse sarebbe bene restituire un po' di fiducia alla vecchia Europa e a una America che cerca disperatamente di ritrovare la propria gioventù, la propria innocenza. Vedi un po': chissà che l'accordo pragmatico e relativistico per superare il default raggiunto nel Congresso americano non sia quanto meno un aiutino della benevolenza divina per quel popolo fedele. E all'Europa, invece? E' troppo laicista, quindi niente.

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