Registro sul fine vita, accordo in Comune

La maggioranza di centrosinistra trova l’accordo sulla versione soft del biotestamento. Al momento del voto, però, il centrodestra abbandona l’aula e la maggioranza non riesce a garantire il numero legale. Tutto rimandato a giovedì prossimo, quando il provvedimento verrà votato in seconda convocazione. Il Comune non potrà custodire fisicamente le dichiarazioni anticipate di fine vita, donazioni di organi, cremazione e dispersione delle ceneri dei milanesi, ma si dovrà limitare a tenere un registro che attesta il deposito di tali atti presso un fiduciario terzo: notaio, medico, avvocato. Per due motivi. Uno strettamente giuridico. Nei mesi scorsi la Segreteria generale aveva sollevato il dubbio che la busta chiusa conservata direttamente in Comune, pur sigillata, potesse comportare rischi di possibili contenziosi e sanzioni da parte del Garante della privacy, anche se molti altri comuni italiani hanno optato per l’archiviazione diretta. E poi c’è il motivo più strettamente politico. All’interno del Pd, l’anima cattolica non ha mai gradito troppo l’istituzione del registro. Ieri, nella riunione di partito, prima dell’arrivo in aula si è trovata la mediazione. Un maxi emendamento presentato dalla costituzionalista Marilisa D’Amico, dal radicale Marco Cappato e da Marco Cormio che ha messo insieme le tre delibere (due di iniziativa popolare) discusse in Commissione e ha optato per la versione più prudenziale.
A questo punto anche i cattolici del Pd hanno deposto le armi: «La possiamo votare anche noi - attacca, Andrea Fanzago - perché è innocua. Per- ché non ero d’accordo? Perché era una delibera fuori luogo, che non serviva a nulla senza una legge nazionale». E perché è disposto a votare la versione soft? «Chiedetelo ai promotori - dice l’altro cattolico del Pd, Marco Cormio -. Sono state presentate tre delibere per una cosa molto alleggerita». Non è così per il resto della maggioranza: «Milano si appresta a fare un altro passo avanti sui diritti civili - dice l’assessore Pierfrancesco Majorino -. Mi chiedo perché a Roma le istituzioni non facciano altrettanto». «E il massimo che possiamo fare legalmente - dice il capogruppo del Pd, Lamberto Bertolè - avremmo voluto fare di più. Ma è un passo in avanti importante per Milano che si conferma portabandiera dei diritti civili di fronte all’inerzia del legislatore nazionale». Ma è proprio su que- sto punto che attacca il centro destra. «Non entriamo nel merito della delibera - replica il capogruppo del Pdl, Alan Rizzi perché è solo una perdita di tempo e non ha nessuna valenza giuridica. Anzi esiste una circolare ministeriale del 2010 che invita i Comuni a non compiere ingerenze indebite. E in caso si spendano risorse c’è la possibilità di ricorrere alla Corte dei conti». Per evitare però spaccature con l’area liberal del partito, i consiglieri si limiteranno a non votare uscendo dall’aula. E così è stato. Mentre la Lega ha lasciato libertà di coscienza. Il capogruppo Alessandro Morelli si era dichiarato per il no, mentre Igor lezzi aveva scelto di unirsi alla maggioranza: «Sono favorevole perché ritengo va tutelata la volontà di chi non è più in grado di esprimerla».
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