«Referendum, Comune fuorilegge»

Il Comune è latitante? Diffidato. «Non risulta che il consiglio abbia pienamente provveduto o deliberato per quanto di competenza sul contenuto dei singoli quesiti referendari». S'è limitato a votare un ordine del giorno, il vago impegno a pressare il sindaco. Poco altro. «Sono ancora carenti le indicazioni prescrittive, programmatiche e finanziarie». E la squadra di governo? Ha approvato la congestion charge sui Bastioni (il super Ecopass da 5 euro partirà il 16 gennaio), ma ha depennato dal progetto Expo proprio quel parco agroalimentare che le urne avevano ordinato di «conservare». In sintesi: né il consiglio né l'amministrazione Pisapia hanno raccolto «in modo adeguato» gli indirizzi dei milanesi. I primi termini di legge sono scaduti in ottobre. Il comitato referendario, ieri, ha depositato una diffida legale a Palazzo Marino. Il senso: o il Comune rispetta la volontà degli elettori o dichiara pubblicamente che non vuole obbedire alla legge, assumendosene pienamente la responsabilità. E l'emergenza smog di quest'autunno nero, l'approccio «pasticciato» con cui la giunta ha gestito la crisi delle polveri sottili, a riempire di senso la diffida. «Annunci velleitari, retromarce, mancano regia e strategia», attacca il presidente del comitato Milanosìmuove, il prof bocconiano ed ex assessore morattiano Edoardo Croci. L'«insoddisfazione» per le politiche contro l'inquinamento costituiscono «un campanello d'allarme» e «una ragione in più» per richiamare la politica al rispetto dei referendum: «La diffida è un'azione di pressione - dice Croci -. Confidiamo che l'amministrazione lavori, presto, al processo di attuazione dei progetti. La strada tracciata dai cittadini è l'unica a consentire un vero salto di qualità ambientale. Se il Comune tardasse nella pianificazione degli interventi, beh, potremmo ricorrere al Collegio dei garanti».
Oltre 489 mila cittadini hanno partecipato, nel giugno scorso, alla pentaconsultazione ecologista.11 quorum oltre l'ostacolo dell'astensione. E un plebiscito. Cinque sì per una rivoluzione verde: sì al pedaggio di congestione antitraffico con più isole pedonali e piste ciclabili (quasi l'8o per cento di consensi) e sì al raddoppio degli alberi, all'Expo sostenibile, alla promozione delle energie rinnovabili e alla riscoperta della Darsena e dei Navigli. Da allora, sostengono i promotori della «svolta green», consiglio comunale e giunta hanno tradito una «eccessiva timidezza» (sabato se ne parlerà in un convegno a Palazzo Reale). Marco Cappato, segretario di Milanosìmuove e consigliere radicale nella maggioranza arancione, lo denuncia seduta dopo seduta con lo «sciopero del voto» in aula: «La precaria risposta dell'amministrazione all'emergenza smog dimostra l'assoluta necessità d'interventi efficaci per migliorare la qualità della vita dei milanesi». Aggiunge il portavoce del movimento, Enrico Fedrighini: «La strategia indicata dai referendum colma il vuoto tra il nulla e le misure di emergenza. Sul tavolo mettiamo proposte di breve, medio e lungo periodo su trasporto pubblico, ciclabilità, vie d'acqua, risparmio energetico». L'intero pacchetto richiederebbe un maxi investimento di isso milioni di euro spalmato in tre anni.
Il sindaco Giuliano Pisapia ha motivato l'introduzione dell'Area C con la «necessità di rispettare l'indicazione dei referendum». L'assessore all'Urbanistica, Ada Lucia De Cesaris, ha chiesto e ottenuto dal consiglio la revoca della delibera sul Pgt «alla luce dell'esito dei predetti referendum». E poi? «Poco o nulla. I cittadini s'aspettano che venga dato seguito all'esito del voto», dice Marco Panini, avvocato-presidente di Italia Nostra. Se venissero presi alla lettera, seriamente, i referendum fisserebbero tempi e scadenze già nel 2012: il raddoppio delle zone a traffico zero e delle rastrelliere per le bici, il completamento della rete di bike sharing, l'attivazione di mille auto elettriche, l'adozione d'un piano per l'energia sostenibile e le conversione di tutti gli edifici comunali ancora riscaldati dal gasolio.
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