Redditi on line, nel mirino anche Parlamento e Colle

Dalla Rassegna stampa

Riuscirà l'operazione trasparenza del governo a «contagiare» istituzioni e pubblica amministrazione? Difficile dire, il giorno dopo la pubblicazione on-line dei redditi di premier, ministri e sottosegretari. Oggi, per iniziare, Filippo Patroni Griffi porterà in commissione alla Camera un primo elenco relativo ai super-manager della pubblica amministrazione. Ma non solo. In funzione della lotta alla corruzione, il ministro sta studiando anche una norma per imporre che siano resi noti i redditi di chi ricopre incarichi pubblici. E c'è chi, come Fabio Rampelli (Pdl), chiede che gli alti funzionari di Parlamento e Quirinale facciano altrettanto.

Risulta spesso impresa ardua, in Italia, scoprire quanto guadagna un manager o dirigente pubblico.

Quasi impossibile, ad esempio, capire quanto percepiscono i commissari dell'Amia, l'azienda dei rifiuti di Palermo. Ma la carenza di trasparenza è generalizzata, se si considera che lo stesso ministro sembra incontrare qualche difficoltà a reperire informazioni complete sui super-manager pubblici. Quei dati sono stati chiesti a Patroni Griffi dalle commissioni della Camera che devono dare un parere sul tetto agli stipendi (294 mila euro) previsto dal decreto Salva Italia. Le commissioni hanno chiesto di rendere noto a quanti dirigenti pubblici quel tetto si applicherà e oggi il ministro porterà in commissione i dati, anche se forse non tutti.

Il tema è delicato e le commissioni delle Camere discutono animatamente (anche, raccontano, su pressione di qualche manager) se permettere o meno qualche deroga al tetto retributivo («i parlamentari perseguitati dalla demagogia non vedono l'ora di rifarsi a scapito dei dirigenti pubblici», mette in guardia il Pdl Giuliano Cazzola). Ma il governo sembra intenzionato ad andare avanti e a valutare, entro il termine del 31 maggio, anche un intervento sui manager delle società partecipate.

Ma c'è di più. Persuaso dell'importanza della trasparenza anche in funzione della lotta alla corruzione, Patroni Griffi sarebbe intenzionato a presentare un emendamento al ddl anti-corruzione per introdurre l'obbligo di pubblicazione dei redditi dei dirigenti e dei titolari di incarichi pubblici a livello nazionale e locale. Una piccola rivoluzione. Che la deputata radicale Rita Bernardini invita a declinare nella forma di una «anagrafe patrimoniale» degli eletti e dei nominati.

Intanto, sul fronte trasparenza, il deputato Rampelli (Pdl) chiama in causa Parlamento e Quirinale, chiedendo che diventino pubbliche le retribuzioni degli alti funzionari delle due istituzioni. Anche se dall'Idv Antonio Borghesi invita a «non salire in cattedra» gli esponenti di un partito che «ha sempre puntato i piedi su trasparenza e taglio dei costi».

Neanche deputati e senatori, a dire il vero, sembrano dare il buon esempio. I loro redditi, si sa, sono consegnati ogni anno alle Camere e sono pubblici per legge. Ma non sono on-line. O almeno, lo è una piccola parte: 256 parlamentari su 945. Mancano all'appello gli stessi presidenti Fini e Schifani. E poi Berlusconi, Alfano, Bossi. Ci sono Bersani, Casini, Di Pietro. Ma, come chiede la radicale Bernardini, è ora di rendere la pubblicazione sul web obbligatoria per tutti.

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