I radicali: non saremo l’ultima stampella del governo Berlusconi

Dalla Rassegna stampa

Berlusconi annuncia di essere ancora maggioranza e di avere i numeri per andare avanti. Ma una stampella alla traballante maggioranza non arriverà certo dai parlamentari radicali (nove in tutto fra Camera e Senato), il cui orientamento è di votare no alla fiducia chiesta dal governo sul disegno di legge di stabilità, «come del resto è sempre accaduto, senza eccezioni, in questi anni di legislatura», precisa il segretario Mario Staderini. Quanto alla legge sul rendiconto dello Stato che andrà in aula domani e a cui il Colle tiene in modo particolare, la direzione sarebbe quella di astenersi o di non partecipare al voto, come farà il resto dell'opposizione. Si sta riflettendo, invece, ad un eventuale confronto nel merito di provvedimenti dell'esecutivo che riprendano alcune battaglie portate avanti dai radicali. Ma anche su questo punto le possibilità sembrano ridotte a meno di zero. «Siamo aperti a ragionare, però per il momento vedo la cosa molto improbabile», conferma il deputato Marco Beltrandi. «Certo – ironizza Staderini – se Berlusconi presentasse una norma che legalizza le droghe leggere, non dovremmo votarla perché lo fa lui? Ma se devo fare una previsione seria, ho forti dubbi che nella risposta dell'esecutivo alle riforme economiche che ci chiede l'Europa, ci sia qualcosa per noi di condivisibile. Nel documento inviato da Berlusconi alla Bce, per esempio, non vi è nulla di adeguato sulla riforma della giustizia. E sui licenziamenti facili, che dovrebbero consentire più assunzioni, non si fa cenno agli ammortizzatori sociali e alla tutela di chi verrà mandato a casa senza avere la cassa integrazione. Si dice che non ci sono i soldi, ma non è vero. Basterebbe colpire le pensioni di anzianità superando i diktat di Bossi e intervenire con tagli sulle varie caste: politici, Vaticano, spese militari». Il clima, nonostante la cena fra il Cavaliere e Pannella, non lascia dunque sperare a quell'avvicinamento salva Cav che ha alimentato il “caso radicale”. Lo sanno anche gli “emissari” a caccia di voti del Pdl, che in questi giorni si sono ben guardati dal contattare i deputati radicali. «Capiscono che con noi – taglia corto Beltrandi – il discorso è assai diverso da quello che possono fare ad altri. Dovrebbero assumere impegni che non sono in grado di prendere». Intanto, domani il partito incontrerà finalmente il segretario dei democratici Bersani. Un meeting dal quale però i radicali non si aspettano molto («Lo chiediamo da un anno a mezzo», dice Beltrandi), stante che arriva proprio a ridosso dei rumors che davano il gruppo in trattative con la maggioranza. Ma sarà quantomeno l'occasione per fare chiarezza su un nodo irrisolto nel rapporto fra i due partiti. E cioè, spiega Beltrandi «il nostro riconoscimento come interlocutore politico e quindi, da parte dei democratici, strategie politiche e tattiche parlamentari concordate non solo con Sel, Rutelli e Di Pietro, ma anche con noi. Insomma l'avvio di un confronto che finora è mancato. Per il resto, non siamo delusi dal Pd perché non ci siamo mai illusi». Se confronto ci sarà, riguarderà probabilmente anche il dopo Berlusconi. Staderini guarda a un governo politico che arrivi a fine legislatura, ridia credibilità alla politica attraverso una nuova legge elettorale e «anche scompaginando gli attuali cliché delle alleanze, chiarisca fin da prima della caduta dell'esecutivo come intendere rispondere ai quesiti della Bce su pensioni, liberalizzazioni, giustizia e municipalizzate».

 

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