Radicali-Destra, non s'ha da fare

Dalla Rassegna stampa

Ora che la cosiddetta alleanza Pannella-Storace è finita nel dimenticatoio, si può trarre qualche considerazione su un evento che, se fosse avvenuto, sarebbe stato del tutto fuori dell'ordinario e del politicamente corretto.

Del resto, i radicali hanno abituato la scena politica a novità rivoluzionarie.
Curiosamente, sembra proprio che stavolta l'affondamento dell'intesa sia giunto dall'interno dei radicali. Di là, infatti, della giustificazione addotta da Francesco Storace sui propri colpevoli ritardi nella trasmissione dei documenti necessari a raccogliere le firme radicali (con lui indicato quale candidato presidente regionale), risulta che gli stessi attivisti radicali avessero lasciato scoperti i banchetti usati per convalidare le firme. Quanto ai dissensi interni, la rete ne è stata ricolma. Ovviamente, pure da parte del centro-destra coalizzato intorno a Storace non sono mancati gli ohibò.

Viceversa, trattando la questione da un punto di vista meramente astratto e tecnico, l'alleanza avrebbe recato vantaggi sia ai radicali sia a Storace. L'obiettivo dei radicali era semplice: serbare una rappresentanza in consiglio regionale, dopo che Nicola Zingaretti si era opposto alla ricandidatura dei consiglieri uscenti della lista Pannella col pretesto che tutti gli ex consiglieri della propria coalizione non dovevano essere ripresentati. Ovviamente i radicali avevano buon gioco nel denunciare come la nomea di appestati affibbiata agli uscenti indistintamente non poteva toccare i loro due consiglieri, semmai all'origine della denuncia dello scandalo per i fondi ai gruppi e non colpevoli nell'uso allegro di tali finanziamenti.

Avevano altrettanta ragione nel rilevare che non si potevano silurare come inquinati i consiglieri uscenti, da non ricandidare alla regione, ma tranquillamente depositati dal Pd nelle liste per la Camera o il Senato. Estromessi dalla sinistra, i radicali hanno cercato altrove «ospitalità» (tale la dizione usata per chiedere una presenza presso partiti avversari). A loro importava abbattere la soglia di voti necessaria per conquistare un consigliere, posto che era diminuito il numero dei seggi assegnati, da 70 a 50 (con l'incognita delle decisioni della giustizia amministrativa, che potrebbero azzerare l' ordinanza del Tar emessa sulla richiesta di sospensiva per ridurre i consiglieri). Inoltre il quorum per ottenere un seggio è più rilevante per le liste singole rispetto a formazioni coalizzate.

L'offerta di Storace cadeva a pennello, perché consentiva loro di starsene all'opposizione, in caso di Storace eletto presidente, senza alcun impegno politico. Storace aveva tutto da guadagnare, perché i radicali avrebbero portato alla sua candidatura non il 3,3% ottenuto nel 2010 (con il traino della candidatura di Emma Bonino alla presidenza regionale), ma un 2% sì. Il premio di maggioranza gli avrebbe consentito di non doversi servire degli eletti radicali. Sul piano tecnico, non politico, si sarebbe trattato dell'esatta trasposizione di quel che Marcello Pera ha individuato nei confronti dell'alleanza Fi-An-Lega-Udc che vinse le politiche del 2001: «Una coalizione costruita solo per vincere, mica per governare». L'intesa Pannella-Storace non sarebbe stata una coalizione costruita per governare, ma un accordo per vincere. Rectius: per sperare di vincere la presidenza, nel caso di Storace (la differenza rispetto a Zingaretti pare oggi non colmabile) ; per vincere la sfida al ritorno in Regione, nel caso dei radicali.Da ambo le parti sono giunti malesseri tali da determinare il fallimento dell'operazione. Sul piano politico, si tratta di reazioni comprensibili; sul piano dell'opportunità tecnica, è verosimile che Storace e i radicali pagheranno la mancata intesa.

 

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