Il Quirinale e le scelte sulla fine della vita «Il Parlamento non ignori il problema»

Dalla Rassegna stampa

Millenovecento lettere a parlamentari, opinion leader, vertici istituzionali per invitarli a partecipare anche da lontano, a un’iniziativa che ha voluto riaccendere i riflettori su un problema dimenticato dal punto di vista politico. Hanno risposto in tre. E fra loro il Presidente della Repubblica che in una decina di righe inviate a Carlo Troilo, consigliere dell’associazione Luca Coscioni, ha riaffermato il suo interesse per a un tema cruciale: «Ritengo anche io che il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulla materia. Richiamerò su tale esigenza, anche attraverso la diffusione di questa mia lettera, l’attenzione del Parlamento».

Non è la prima volta che Giorgio Napolitano esprime l’auspicio di «un confronto sensibile e approfondito ». Scrisse così nel settembre del 2006 a Piergiorgio Welby, ammalato di distrofia muscolare, che poi chiese al medico Mauro Riccio di staccare il respiratore grazie al quale sopravviveva. Mina, sua moglie, ieri era tra i «testimoniai» di una battaglia per l’eutanasia portata avanti dall’Associazione Coscioni anche attraverso una raccolta di firme e una proposta di legge. Al suo fianco il figlio di Carlo Lizzani, Francesco, e la compagna di Mario Monicelli, Chiara Rapaccini, due protagonisti dello spettacolo e della cultura che hanno scelto di andarsene con suicidio. In collegamento Umberto Veronesi e Luciana Castellina, per lunghi anni compagna di Lucio Magri, un altro che scelse come e quando morire.

«Sento profondamente drammaticità del travaglio vissuto dai partecipanti alla conferenza stampa per le disperate vicende dei loro cari», ha premesso il capo dello Stato nella lettera inviata a Troilo, fratello, di Michele che il 18 marzo di, vent’anni fa si tolse la vita non sopportando il peso della leucemia. Troilo sostiene che 20-30 mila pazienti ricoverati nelle terapie intensive muoiono con l’aiuto attivo del medico, un dato che però non ha evidenze scientifiche. L’ultimo tentativo di arrivare a un testo sulle disposizioni di fine vita (testamento biologico) risale alla scorsa legislatura. E lì si è fermato. Poi più niente.

Dopo il richiamo di Napolitano sulla necessità di avviare una «serena riflessione» alcuni parlamentari hanno infine rotto il silenzio. Giancarlo Galan, presidente della commissione Cultura della Camera, Forza Italia, aveva già risposto come socio della Coscioni. Ora commenta: «Le parole del presidente siano la chiave per aprire finalmente le porte della più dannosa omertà». Una decina di senatori, pd capeggiati da Andrea Marcucci chiedono di calendarizzare il disegno di legge sul fine vita presentato a suo tempo da Ignazio Marino, nella sua forma originaria, quello che « prevede dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimento terapeutico». Principio che a forza di emendamenti venne molto ammorbidito fino a lasciar spuntare il diritto all’autodeterminazione del malato.

Si dice sorpreso e preoccupato Mauri zio Gasparri, vicepresidente del Senato: «Si rischia di riaprire un ronte di aspro confronto». «La visione del presidente diventerebbe parziale se il confronto avvenisse solo con le associazioni favorevoli all’eutanasia», è il timore di Eugenia Roccella, deputata di Ncd. E dal suo partito Maurizio Sacconi chiede una moratoria sui temi etici: «Ci vuole un confronto di idee come alternativa allo scontro ideologico che altri pretendono». In altre parole, no a proposte di legge. Lorenzo D’Avack, vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica, spinge invece per «una normativa equilibrata. Mancano orientamenti in grado di risolvere con coerenza conflitti tra la dignità della persona e gli obblighi del medico».

 

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