Quando la pena diventa un delitto. Dello Stato

Quando la pena stessa diventa delitto commesso, dallo Stato, nessun cittadino può dichiararsi innocente. Ecco perché l'appello del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che un anno fa parlò di «prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile» a cui le istituzioni non possono rimanere sorde, non avrebbe dovuto cadere nel nulla come invece è avvenuto. Depenalizzazione e decarcerizzazione sono misure che al momento abbiamo visto solo per reati che non influiscono minimamente su quel sovraffollamento che rende «le carceri italiane in una condizione di conclamata, abituale, flagrante violazione della legalità costituzionale, attestata dagli stessi organi apicali delle Istituzioni e della Giustizia», come più volte ricordato dal leader radicale Marco Pannella. Una «notizia» - «non un'opinione, né un retroscena,ma un fatto» - che però questa volta viene analizzata a fondo nelle sue forme e nelle sue origini da due esperti come Franco Corleone, garante dei detenuti di Firenze e presidente della Società della Ragione, e Andrea Pugiotto, ordinario di Diritto costituzionale all'università di Ferrara, nel volume «Il delitto della pena. Pena di morte ed ergastolo, vittime del reato e del carcere», edito dai tipi di Ediesse.
Il saggio raccoglie una serie di interventi attorno ai temi della pena e della sua esecuzione (in Italia e nel mondo) usando come strumento di riflessione quattro recenti pubblicazioni: «Il diritto di uccidere, l'enigma della pena di morte» di Piero Costa, «Contro l'ergastolo» di Stefano Anastasia e Corleone stesso, «La repubblica del dolore, memorie di un'Italia divisa» di Giovanni De Luna, e «Quando hanno aperto la cella. Stefano Cucchi e gli altri» di Luigi Manconi e Valentina Calderone. In appendice alcuni scritti, inediti nella loro interezza, del capo dello Stato Giorgio Napolitano.
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