Progresso a chi?

Dalla Rassegna stampa

Voodoo? Fattucchiere? New Age? "Superstizioni", diciamo con aria di sufficienza. Anche la chiesa le combatte, mette in guardia contro il loro diffondersi. Ma la superstizione fu bestia nera dell'illuminismo, la lotta alle sue pratiche fu una delle imprese culturali più sentite da quei pensatori, riformatori, legislatori. Per loro, la lotta contro la superstizione significava lotta alle chiese, alla chiesa di Roma in primo luogo. Con le sue credenze, la sua fede nel miracolo, il suo culto di immagini e reliquie, i suoi riti nei quali si invocavano i santi per ottenerne l'intervento taumaturgico, la chiesa cattolica era vista come il ricettacolo infetto, la putrida matrice di menzogne e fandonie coltivate per tener soggiogati ignoranti e creduloni, la gran massa sprezzantemente chiamata "plebe". A quelle credenze l'uomo coltivato, il borghese lettore di Kant, si rifiutava, sdegnato. La lotta fu serrata, spietata. Per certi versi, anche meritoria: attorno e dentro la chiesa brulicava una folla che viveva se non addirittura prosperava su improbabili e persino ripugnanti ritualità. Ci sono celebri quadri del pittore Francesco Paolo Michetti che rappresentano culti e cerimoniali quanto meno "folkloristici", quando non "barbarici" perché popolareschi. L'istruzione elementare obbligatoria avrebbe sradicato l'ignoranza delle plebi e, assieme all'ignoranza, ogni superstizione. Fu questo il fulcro poderoso che sostenne l'idea del progresso, il progresso illimitato, mosso dal vapore e dalla elettricità.

Da alquanto tempo, però, la presunzione illuminista vacilla e oggi, sotto i colpi della crisi globale, si sta sgretolando, temo definitivamente. Si dimostrano invece sorprendentemente vitali le deprecate superstizioni. Proprio quelle che avrebbero dovuto essere estinte. Tornano però non per combattere il grande default economico, ma per esorcizzare un eterno fenomeno naturale, la siccità, per invocare la pioggia sui campi riarsi. I popoli pagani hanno sempre esorcizzato la siccità con pratiche magiche: a Roma c'era una speciale cerimonia chiamata "aquilicium", gli Aztechi sacrificavano nemici e schiavi al dio Xipe Totec, "nostro signore lo Scuoiato".

Insospettabilmente oggi - informano i giornali - è lo stesso cardinale di Firenze, Giuseppe Betori, che invita a "pregare per il dono della pioggia". Secondo la chiesa, la preghiera ha un forte potere di invocazione a Dio o ai suoi intercessori, in primis a Maria. Non definirei dunque l'invito del cardinale come un ritorno alla superstizione se i giornali non riferissero altri interventi, provenienti dall'interno della chiesa, che lasciano perplessi. Apprendo di parroci che stanno organizzando processioni "ad petendam pluviam", per chiedere la pioggia, sulla scia della precettistica instaurata da Papa Liberio nel IV secolo.

Non sapevo che la carica esistesse, ma ho letto che la Coldiretti ha un consigliere ecclesiastico, padre Renato Gaglianone, il quale sostiene che nella preghiera del Padre Nostro l'inciso "dacci oggi il pane nostro quotidiano" già contiene, implicita, una invocazione per la pioggia senza la quale "il grano non nasce e non cresce", e dunque non può dare il pane. Stando all'autorevole consigliere, nel messale c'è una ancora più diretta richiesta a Dio: "Dona alla terra assetata il refrigerio della pioggia". Forse - ma qui un po' scherzo - nel messale c'è già l'accettazione degli Ogm, senza i quali l'umanità, in continua crescita demografica, sembra destinata alla fame? L'autorità ecclesiastica non viene comunque lasciata sola a promuovere le virtù taumaturgiche della preghiera. Il sindaco di Trebaseleghe sostiene che "l'idea che Dio mandi l'acqua in risposta ai comportamenti umani è già nella Bibbia": "Se seguirai i miei comandamenti, ti manderò la pioggia". E i Santi, quando invocati, devono stare attenti a esaudire le preghiere, se non obbedissero mal gliene incoglierebbe. Nel 1893, in Sicilia, siccome non pioveva da sei mesi, san Giuseppe fu gettato (in effigie, si capisce) in un giardino siccitoso, a Caltanissetta furono strappate le ali d'oro (sempre in effigie) a san Michele Arcangelo, mentre a Licata lo stesso angelo fu denudato e minacciato di impiccagione. "O la pioggia o la corda", gridavano i poveri assetati.

La superstizione è ambigua, si nasconde in comportamenti che hanno l'apparenza di essere razionali. Sappiamo tutti quanto sia controversa la questione della responsabilità dell'uomo nel determinare il riscaldamento globale della terra. Sebbene il fenomeno non sia neppure accertato definitivamente, molti se ne preoccupano e invocano misure adeguate a scongiurare il peggioramento della situazione climatica del mondo. Ebbene, nei giorni scorsi autorità mondiali hanno stabilito di spegnere l'illuminazione, spesso sfarzosa, di alcuni celebri monumenti, da San Pietro al Colosseo all'Arc de Triomphe parigino.

Era una operazione simbolica, non vorrei che fosse anche, sotto sotto, una iniziativa dettata da oscure, inconfessabili superstizioni. L'immagine dell'operazione, trasmessa dalla tv, era comunque assai triste: quelle mille e mille lampadine accese erano una conquista del progresso.

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