Precari, Europa aiutaci tu

Il governo si disinteressa dei precari e l'unica riforma del lavoro è l'articolo 8 della manovra sui licenziamenti facili? Chiediamo a Bruxelles di multare l'Italia e costringerla ad affrontare il tema. "Alle imprese serve flessibilità per competere, è inaccettabile che il peso sia scaricato tutto sui precari", dice Giulia Innocenzi, 27 anni, responsabile italiana di Avaaz (movimento internazionale di lobby dal basso), e volto delle trasmissioni di Michele Santoro, ieri Annozero, tra poco Comizi d'amore. É parte del gruppo di parlamentari e attivisti - tra loro Emma Bonino (Radicali), Nicola Rossi (Italia Futura) e Pietro Ichino (Pd) - che ha chiesto alla Commissione Ue di stabilire se il precariato all'italiana è compatibile con la normativa comunitaria. E se non lo è di aprire una procedura di infrazione che costringerebbe il governo a una riforma. Avaaz ha già raccolto 87 mila firme di cittadini italiani su una petizione che sollecita la Commissione a sanzionare l'Italia. Giulia Innocenzi spiega: "È evidente che il governo non ha alcuna intenzione di risolvere l'emergenza costante dei precari, 4 milioni di persone, in gran parte giovani. Una fascia debole destinata ad aumentare perché la flessibilità di cui ha bisogno il sistema produttivo viene scaricata tutta sui precari. L'unica soluzione è rivolgerci alla Commissione europea".
La base giuridica ce l'ha messa il giuslavorista e senatore Pietro Ichino, con un elenco di casi concreti che dimostrano quello che lui chiama "l'apartheid" del mercato del lavoro italiano: la discriminazione dei precari rispetto agli assunti a tempo indeterminato. Da quelli con contratti a tempo determinato alle finte partite Iva. Il gruppo che ha portato il caso a Bruxelles vuole denunciare la situazione di quegli 'autonomi' e che in realtà sono dipendenti come gli altri, ma non hanno gli stessi diritti, a cominciare da malattia, maternità e ferie. Ora si attende la risposta di Bruxelles. "La Commissione ha un mese di tempo, poi deve rispondere - dice Giulia Innocenzi - poi può poi chiedere ulteriori informazioni all'Italia e, se lo decide, aprire una procedura di infrazione. Che è quello che noi auspichiamo". Secondo Ichino, la violazione della normativa europea è manifesta: "Il dualismo del nostro mercato del lavoro - fra protetti e non protetti - costituisce evidente violazione della direttiva n. 1999/70/CE, che vieta l'utilizzazione di forme di lavoro a termine come forma ordinaria di ingaggio del personale e impone comunque ogni disparità di trattamento fra i lavoratori assunti a termine e quelli assunti a tempo indeterminato".
Tra un mese, quindi, arriverà il responso da Bruxelles. Se accoglie l'istanza di Bonino, Ichino, Innocenzi Rossi ecc. la Commissione può chiedere ulteriori informazioni all'Italia e alla fine aprire una procedura di infrazione, come quella di cui siamo stati vittima negli anni scorsi per aver sforato i parametri di finanza pubblica su debito e deficit. La speranza della Innocenzi è questa: A quel punto l'Italia sarà obbligata ad agire, riformando il mercato del lavoro. Riforme serie, non come l'articolo 8 della manovra, che si limita ad aumentare la flessibilità in uscita, ma non offre nulla a chi entra nel mercato del lavoro". Perché i promotori dell'iniziativa non sono difensori del posto fisso, ma di quella flexsecurity nordeuropea che prevede assunzioni facili, licenziamenti altrettanto facili e un sistema di welfare che assiste nel passaggio da un lavoro all'altro e permette di riqualificarsi. Un approccio riassunto dalla formula "tempo indeterminato per tutti, ma nessuno inamovibile", e nella proposta di legge di Ichino di un "contratto unico" per i lavoratori dipendenti che prevede tutele crescenti per i nuovi assunti (proposta analoga a quella dell'economista Tito Boeri, entrambe osteggiate dai sindacati che vedono a rischio i diritti acquisiti, come l'articolo 18 sui licenziamenti).
Se arriverà la procedura di infrazione, si dovrà cambiare, ma non sarà indolore. Giulia Innocenzi la vede così: "Al momento pur di non toccare l'articolo 18 si scarica tutta la flessibilità sui precari che, oltre a non avere i diritti degli altri non hanno neppure gli stessi livelli retributivi, e si ritrovano con prospettive pensionistiche disastrose. Non ha senso difendere l'esistente se l'esistente non funziona".
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