La politica scelga l'Europa

Dalla Rassegna stampa

Le elezioni greche hanno dato una dimostrazione evidente dell'interdipendenza politica in cui vive l'area euro. Le decisioni del 2% degli elettori in uno dei 17 Paesi possono determinare il destino degli altri 300 milioni di cittadini. Subito prima del G-20 di Los Cabos, dove i leader europei sono stati sottoposti allo scrutinio globale, la cancelliera Merkel ha lamentato la sfiducia tra i Governi dell'Eurozona. Un'osservazione insolita e rivelatrice, sintomo di una mancanza di chiarezza sul comune destino politico a cui l'area euro deve aspirare se vuole sopravvivere. Fin dal prossimo cruciale vertice europeo, il tema dell'integrazione politica europea infatti diventerà centrale nella soluzione dell'eurocrisi e per la stessa ragione dovrebbe diventare subito il perno anche del dibattito politico italiano.
Nell'autunno scorso, in uno dei momenti più drammatici della crisi europea, un esponente del Governo italiano allora in carica replicò ai richiami al rigore del suo omologo tedesco minacciando di portare l'Italia fuori dall'euro. L'episodio restò segreto all'opinione pubblica, ma rimase ben impresso nella memoria dei negoziatori tedeschi. Forse si trattò di uno sfogo nel pieno di una delle riunioni europee più tese degli ultimi anni, ma il fatto è che esso fece cadere definitivamente la credibilità del precedente Governo italiano e fece aumentare i dubbi sulla tenuta politica dell'unione monetaria.

A mesi di distanza Mario Monti sta ricostruendo la credibilità europea del Paese pur in condizioni di crescente difficoltà. Ma la natura dell'unione monetaria europea è tale che, quando non si dirada la paura o la sfiducia nell'intero progetto, i mercati finanziari sono in grado di mettere all'angolo qualsiasi Paese anche se capace di finanziare i propri debiti. Gli spread infatti aumentano fino ad autorealizzare la profezia, come sta avvenendo in Spagna. La determinazione politica di ogni singolo Governo non è sufficiente cioè se non nel contesto di un impegno comune.
La paura è attualmente l'unica regista della crisi e per contrastarla è necessario un impegno molto forte sulla sopravvivenza dell'euro. I danni inferti da una crisi estenuante alla credibilità dell'euro sono ormai tali che le soluzioni convenzionali non bastano più. Ma tutte le soluzioni non convenzionali richiedono un salto di integrazione politica che appare, soprattutto agli occhi di Berlino, prematuro proprio in considerazione delle traumatiche esperienze negoziali degli ultimi quattro anni. Esperienze a cui peraltro Berlino ha molto contribuito.

L'area euro si è ormai spaccata in una parte soffocata dagli spread e in un'altra parte che invece beneficia di tassi d'interesse reali negativi. Per risolvere questa spaccatura sarebbe sufficiente accettare come orizzonte la messa in comune degli strumenti finanziari (creare gli eurobond), ma la sfiducia accumulata tra i governi in questi anni è troppo grande. Una delle domande che condizionano la fiducia dell'eurozona è proprio chi governerà nel 2013 l'Italia, il Paese con il debito pubblico più pericoloso.
Come è convenzione nelle pratiche europee, l'impasse decisionale e la carenza di fiducia politica vengono compensate da impegni rinviati e progetti pluriennali. Nei prossimi giorni verrà infatti disegnata una "carta stradale" che dovrà condurre anno dopo anno dall'unione finanziaria a quella fiscale e infine all'integrazione politica. Mario Draghi aveva invocato proprio una "road map" come forma di credibile impegno politico. Probabilmente il pensiero retrostante è che solo un impegno molto evidente da parte dei governi rende accettabile la supplenza finanziaria della Banca centrale europea, necessaria ad evitare il crollo dell'unione monetaria in assenza - al vertice del 28 giugno - di impegni diretti e comuni dei governi. Un impegno politico molto scadenzato e un sostegno finanziario immediato è infatti quello che ci si può aspettare.

Ma si tratterà pur sempre di un aiuto temporaneo. Il dubbio sulla tenuta del progetto dell'unione monetaria resterà in sospeso. Come ha dimostrato la tensione creata dal voto greco, la questione dell'affidabilità politica dei singoli Paesi resterà centrale fino al compimento dell'unione politica, cioè per molti anni. I risparmiatori o gli investitori che oggi hanno paura dell'euro sanno che fino ad allora il "pubblico" - a cui fa riferimento il "debito pubblico" che acquistano - continua ad essere composto di cittadini che tuttora possono scegliere democraticamente prima di tutto in un ambito nazionale. Per l'Italia sarebbe indispensabile consolidare adesso al proprio interno il consenso per il progetto europeo. Offrire nel dibattito politico una voce costruttiva del piano di unione politica che sta prendendo forma e all'interno del quale dare spazio alle credenziali europeiste della società. Ma al contrario, fette sempre più importanti del quadro politico sembrano andare nella direzione opposta.

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