Pillola «dei cinque giorni»: cambia il nome, non l'effetto

Dalla Rassegna stampa

Contraccettivo o abortivo? È il dilemma che alimenta il dibattito - e le preoccupazioni - attorno alla cosiddetta pillola «dei cinque giorni dopo». L'interrogazione parlamentare depositata martedì della senatrice radicale Donatella Poretti ha riportato in auge la questione: l'obiettivo dell'esponente eletta nelle liste del Pd è di accelerare l'approvazione del farmaco che impedisce l'annidamento dell'embrione nell'utero materno consentendone così la reperibilità nelle farmacie italiane. Tempo fa l'azienda francese Hra Pharma, che ha registrato il prodotto in sede europea come «contraccettivo d'emergenza» (un modo per tentare di impedire obiezioni da parte degli Stati Ue) aveva richiesto all'Agenzia Italiana del farmaco di poterlo smerciare in Italia in forza del regime di mutuo riconoscimento dei medicinali all'interno dell'Unione. L'Aifa ha poi chiesto un parere al Consiglio superiore di sanità (ancora atteso), esprimendo preoccupazione per gli effetti collaterali ma anche per il possibile mancato rispetto delle norme italiane in tema di aborto. EllaOne (il cui principio attivo è l'ulipristal acetato) può infatti avere un effetto abortivo. La molecola del farmaco è molto simile a quella della Ru486: entrambe appartengono alla classe dei «modulatori del recettore del progesterone». EllaOne agisce dunque come contraccettivo impedendo l'ovulazione, esattamente come fa la pillola del giorno dopo (a cui viene in genere accostata) ma se l'ovulazione è già avvenuta il farmaco non permette l'annidamento dell'ovulo già fecondato e ha quindi un sicuro effetto abortivo.

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