La peste

Nelle aule dei nostri tribunali spicca un motto, "la legge è uguale per tutti", ma è più di una sensazione che l'auspicata eguaglianza sia una irrealizzata aspirazione. I dati che certificano il degrado della giustizia ci sono tutti, l'elenco è smisurato nelle sue puntigliose elencazioni. Trovare il bandolo della matassa per avviare un processo di risanamento appare difficile, qualcuno dice che sia impossibile. C'è però più di un sospetto che le difficoltà esibite siano pretesti per lasciare le cose come sono. Nelle pieghe di un diritto, di una giustizia malfunzionante, passano strategie molteplici - anche pubbliche con denominatore ultimo quello di favorire gli interessi di quel "particulare" che il Guicciardini indicò quale soggetto ultimo dell'agire umano e Francesco De Sanctis bollò come emblema della decadenza dei costumi che doveva essere presa come causa della crisi italiana. Per De Sanctis il Risorgimento, il moto unitario, doveva superare e sconfiggere quel “particulare" e tornare all'alta concezione machiavelliana della politica. Un'analoga concezione etica anima il grande romanzo del Manzoni, dove l'Innominato è il prototipo del potente che straccia ogni giustizia e si fa largo con la violenza, calpestando la legge.
Vecchie, inutili storie? A leggere le cronache italiane odierne sembra che nulla sia cambiato, e che l'Italia debba essere condannata per sempre come il paese dove la promozione del "particulare" è l'unico cemento nazionale. Ma, per rimanere ai nostri tempi, ogni storico potrebbe - se volesse individuare il momento in cui la progressiva distruzione del diritto ha inizio. I Radicali hanno dedicato una vera e propria inchiesta a quella che definiscono la "Peste italiana": a loro avviso, quel momento si ebbe quando, contraddicendo al dettato dei costituenti, sezioni importanti del Testo costituzionale vennero lasciate inattuate, al fine di favorire e rafforzare i soggetti della politica del Dopoguerra, i partiti, mantenuti liberi da un qualsiasi bilanciamento istituzionale e già protesi verso l'occupazione dello stato nei suoi più intimi gangli. Così, per esempio, vennero disattesi i progetti relativi alla istituzione delle regioni - regioni dotate di autentica autonomia e quindi embrioni o tasselli di un moderno federalismo come anche dei referendum, l'istituto più innovativo della nuova Carta, pensato come potente controbilanciamento ai poteri centralizzati. L'istituzione delle regioni e l'attuazione dei referendum avvennero tardi e per motivi opportunistici, strumentali, I partiti sempre più saldati in regime (un noto politologo parlò di "bipartitismo imperfetto", si sarebbe già potuto parlare di “monopartitismo quasi perfetto") si accorsero di questa strumentalità, e di regioni e referendum hanno fatto carne da macello, stravolgendone strutture e funzioni. Non c'è giorno nel quale non si avvii un procedimento penale contro abusi, malversazioni, corruzione perpetrati in questa o quella regione, i referendum sono stati castrati dalla Corte costituzionale. Il fascismo aveva mostrato quanto fosse facile asservire la macchina istituzionale. Il post fascismo non aveva una salda concezione dei problemi relativi alla divisione dei poteri, fondamento dello stato di diritto: via via si è scivolati in uno scompaginamento sempre più arbitrario del sistema del diritto, cui ha dato mano compiacente una magistratura che si è arrogata i privilegi di un vero e proprio "potere" dello stato.
La battaglia di Pannella
L'indecente condizione delle carceri è solo uno degli aspetti di una latitanza del diritto di cui cominciano ad accorgersi anche gli organismi europei. Questi hanno ripetutamente condannato il nostro paese per inadempienze gravi e gravissime. Inutilmente. L'attuale iniziativa di Marco Pannella prende lo spunto dalla disumana condizione carceraria ma guarda molto oltre. Sullo sfondo delle sue analisi e iniziative appare sempre il tema della restaurazione della giustizia e del diritto, della reintegrazione della politica come funzione "alta", che sappia e debba superare le strettoie del particulare, quale che sia il nome che a esso si vuole appiccicare. Sarà "mafia" e famiglia mafiosa, oppure corporazione, vested interest, poteri forti, uso distorto del potere, soggettivismo dilatato e arrogante, mandarinismo burocratico, scarso o nullo senso dello stato, prepotenza partitica, è un tarlo che corrode le istituzioni. Per Pannella, siamo a un passo dal baratro della aperta crisi della democrazia italiana. Pannella avverte che il nostro paese ha già dato al mondo il modello del fascismo e dei fascismi: non è improbabile che possa oggi diffondere i germi della sua "peste", in una Europa, in un mondo in cui non si può dire che la democrazia abbia radici salde e unanimemente condivise. Queste e altre, le considerazioni che lo hanno portato alla attuale drammatica iniziativa (che, al momento in cui scrivo appare vicina più alla catastrofe che alla vittoria); occorre, immediatamente e con uno sforzo di fantasia e iniziativa rovesciare la tendenza, indicare al paese, e sicuramente anche all'Europa, la via stretta per un rinnovamento epocale delle istituzioni civili.
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