Il pendolo verso Mosca

Dalla Rassegna stampa

Poco si sa della tra­sferta che Silvio Ber­lusconi compirà do­mani a San Pietro­burgo, ma l’occasione è egualmente ghiotta per por­re quella che è diventata la domanda-chiave della no­stra politica estera: sono ben calibrati, i rapporti che l’Italia ha con la Russia? Sgombriamo subito il cam­po da qualche possibile equi­voco. Quando Berlusconi considera la Russia un part­ner fondamentale dell’Occi­dente, ha ragione. Quando si adopera per alimentare un buon rapporto con Mo­sca, fa bene. Quando favori­sce accordi economico-com­merciali e intese produttive, fa il suo lavoro.
Ma, e qui sta il problema, una politica estera accorta, esercitata da un Paese non esattamente in ascesa sulla scena mondiale quale è l’Ita­lia, pone questioni cruciali di opportunità e di bilancia­mento. Due aspetti che a no­stro avviso mancano nelle re­lazioni tra Roma e Mosca.
Nel suo precedente gover­no Silvio Berlusconi aveva rapporti personali e privile­giati tanto con Bush quanto con Putin. Ma poi alcune co­se sono cambiate. Da quan­do Parigi e Berlino sono in buona sintonia con Washin­gton la «rendita irachena» di cui fruiva l’Italia nei rap­porti transatlantici si è dis­solta. Obama ha preso il po­sto di Bush alla Casa Bianca. E anche Putin ha cambiato casella, pur continuando, dalla poltrona di premier, a tirare le fila del potere rus­so.
Ha tenuto conto, l’attuale governo Berlusconi, di que­ste evoluzioni? A noi pare di no, e pare che il presidente del Consiglio farebbe bene a riflettere su una politica este­ra che sembra ormai eccessi­vamente russo- centrica. Qualche esempio? Primo, la questione energetica. Nessu­no discute la validità del pro­getto South Stream (cui sta per associarsi anche la Fran­cia), ma altra cosa è appog­giare di fatto Gazprom nello strangolamento del gasdot­to alternativo Nabucco volu­to dall’Europa e sostenuto dagli Usa. E ciò a dispetto dei problemi che Nabucco sta incontrando nell’indivi­duare i suoi futuribili forni­tori. Altra cosa, inoltre, è ac­quistare dalla Russia gas del­l’Asia Centrale (in tal modo Mosca detta legge più facil­mente in quell’area), e accre­scere la vulnerabilità della già timorosa Europa orienta­le che si trova aggirata a nord e a sud dai gasdotti concordati dalla Russia con Germania e Italia.
Secondo, la forma. Quan­do Berlusconi canta vittoria a seguito della decisione Usa di modificare lo scudo anti-balistico tanto inviso ai russi, si può presumere che Putin sorrida e che Obama si irriti. Ben sapendo, en­trambi, che Washington e Mosca non hanno bisogno di intermediari. In definitiva invocare all’eccesso lo «spiri­to di Pratica di Mare» (dove nel 2002 Berlusconi patroci­nò l’intesa Russia-Nato), o porsi troppo frequentemen­te in «avvocato di Putin» (pa­role dello stesso Berlusco­ni), non fa piacere a nessu­no e danneggia la credibilità italiana.
Terzo, la questione demo­cratica. Avvicinare il più pos­sibile la Russia all’Occidente comporta l’affermazione di una diversità di valori come primo passo per tentare di superarla. Il Parlamento ita­liano ha approvato una mo­zione dell’Udc sul caso Kho­dorkovsky, l’ex magnate del petrolio sottoposto a proces­si «politicizzati» . È il primo segnale di una posizione ita­liana più attenta anche a tan­ti altri casi di crimini insolu­ti e di diritti violati? Lo spe­riamo.
Ma intanto dobbiamo constatare che la nostra poli­tica verso la Russia è priva di misura. Anche — ma non soltanto — perché apre un serio contenzioso con gli Stati Uniti.

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