Il "partito americano", una sfida per il Pd

Dalla Rassegna stampa

Anche per il voto amministrativo di Milano è necessario ribadire: politica è cultura. Ma non basta: cultura è politica. Sembra incredibile, ma certe affermazioni, oggi, appaiono rivoluzionarie. Oserei dire: copernicane. Producono un cambiamento di prospettiva e di visuale. E così, in sintonia con la gravità della situazione che viviamo in questo momento nel nostro paese, sia sul piano politico che su quello istituzionale, proprio nei giorni scorsi è intervenuto il capo dello stato.

Nel recente e ormai conosciuto dibattito sulla figura di Antonio Giolitti, infatti, svoltosi presso la sede dell'istituto enciclopedico Treccani, il presidente Napolitano ha usato parole che dovrebbero far riflettere sulle elezioni di Milano e spingere ciascuno ad agire di conseguenza: «Sono convinto che ci sia stato un più o meno graduale, e in alcune fasi alquanto brusco, grave impoverimento culturale dei partiti e un impoverimento della funzione formativa dei partiti stessi». È una frase che va alla radice del problema.

Sulla scia di un tale ragionamento, non a caso, i Radicali denunciano il morbo della partitocrazia che, da sessanta anni, colpisce le organizzazioni politiche, in perfetta continuità tra la prima e la cosiddetta seconda repubblica. Purtroppo, però, è una lettura politica che sembrano fare solo Marco Pannella ed Emma Bonino. Perché? Non oso rispondere. Ciascuno si dia la risposta che ritiene più seria e corretta. Con sincerità. Senza cadere nell'auto-inganno. Ma tenendo conto di quanto ha espresso il presidente Napolitano quando ha parlato di «divorzio tra politica e cultura», insistendo che si tratta di un «divorzio della politica dalla cultura, ma anche della cultura dalla politica». Il rapporto, dunque, si è rotto da entrambi i lati.

Ecco, il Pd dovrebbe riflettere su questa analisi istituzionale del capo dello stato. Perché politica è cultura. Lo ripete da sempre anche Marco Pannella, ogni volta che può, nel modo che gli è concesso. Quindi, può dirlo soltanto su Radio Radicale. Eppure, per fortuna nostra, non si arrende, basti pensare che Pannella, dal 20 aprile, ininterrottamente, continua la sua azione non-violenta di sciopero della fame. E lo fa pressoché nel silenzio generalizzato, nell'omertà dei mezzi di comunicazione di massa, con delle eccezioni che confermano la regola. Ma il punto sollevato dal leader dei Radicali riguarda la vita stessa della democrazia e del diritto: la legalità, i detenuti, le carceri, la giustizia giusta, l'amnistia. Anche se, tra gli obiettivi dell'iniziativa nonviolenta di Marco, ce n'è uno che riguarda proprio il rapporto tra Radicali e Pd.

Lo ha sottolineato lo stesso Pannella rispondendo a Valter Vecellio durante una edizione speciale del consueto programma radiofonico della domenica: «Occorre che il Pd cessi di violare la sua propria legalità». Va concretizzata la scelta del Pd che, in sede di congresso, ha deliberato la propria preferenza per una riforma del sistema elettorale in senso uninominale maggioritario, sul modello francese. Una scelta espressa all'unanimità. «Io, da democratico, chiedo al Pd: o questo, o la rottura (con i Radicali). Cioè: o un minimo di omaggio alla democrazia, a se stessi, al proprio statuto, alla correttezza, per poi discutere oppure dobbiamo trovare un momento di confronto». La questione appare centrale anche rispetto all'idea del "partito americano" intelligentemente avanzata dal direttore di Europa Stefano Menichini.

Intanto, la scorsa settimana a Milano si è tenuto un comizio con Emma Bonino, Marco Pannella, Marco Cappato, Mina Welby, Maria Antonietta Farina Coscioni e tutti i candidati al consiglio comunale della Lista Bonino-Pannella. Quello che non si è capito o che è stato malamente sottaciuto e distorto, da parte di alcuni commentatori politici è il fatto che la presenza dei Radicali alle elezioni amministrative di Milano è un elemento nuovo, una novità, che non ha riscontri diretti nelle consultazioni comunali delle tornate amministrative precedenti. I Radicali rappresentano, dunque, anche in questa occasione, un ulteriore "valore aggiunto" dell'alleanza capeggiata da Giuliano Pisapia. Al di là del mero consenso elettorale, infatti, «c'è un filo rosso che collega l'attuale campagna elettorale con quella dello scorso anno. È il filo rosso dell'illegalità». Lo ha ribadito pochi giorni fa Marco Cappato, capolista della Lista Bonino-Pannella a Milano, spiegando il grave sovvertimento delle regole democratiche che hanno caratterizzato le elezioni regionali del 2010.

Il tema della legalità e dello “stato di diritto” resta centrale in una visione liberal-democratica. Proprio su questo punto, l'avvocato Giuseppe Rossodivita, consigliere e capogruppo regionale della Lista Bonino-Pannella nel Lazio, in una recente conferenza stampa, è sceso nel merito della questione aggiornandoci sulle novità: «È stata fissata per fine giugno la prima udienza del processo a carico di Roberto Formigoni per diffamazione nei confronti di Marco Cappato, Lorenzo Lipparini e la Lista Bonino-Pannella». Nella stessa sede, l'avvocato Rossodivita ha anche presentato la memoria relativa alla denuncia contro ignoti per attentato a diritti politici dei cittadini lombardi, ovviamente per la questione delle firme false riguardanti le elezioni regionali.

Intanto, la lotta per la legalità investe il dibattito sull'urgenza (che non è la fretta!) di una profonda riforma istituzionale e della giustizia in senso liberal-democratico, cioè per superare questo sessantennio dominato dal regime partitocratico. Una Riforma, con la R maiuscola, in grado di coinvolgere i cittadini e i partiti stessi nella discussione sulla cosiddetta forma partito e sull'organizzazione interna dei soggetti politici, fino ad arrivare all'auspicabile nonché necessario cambiamento del sistema elettorale e dell'attuale porcellum, nel senso e nella direzione voluta e votata dai Democratici, cioè secondo un modello uninominale maggioritario. È tempo di riformare il sistema politico e dei partiti. Se si vuole davvero un "partito americano".

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