Parigi seconda potenza con cinquantotto impianti

Cinquantotto reattori, diciannove centrali e centinaia di incidenti ogni anno, ma tutti di livello 0 o 1 su una scala di 7, ovvero «deviazioni» o «piccole anomalie» senza un impatto significativo sulla sicurezza: queste sono le cifre del nucleare in Francia, seconda potenza atomica al mondo dopo gli Stati Uniti. Se nell'elenco degli incidenti non rientra quello di ieri a Marcoule (classificato come «industriale» dalle autorità) i più gravi incidenti della storia nucleare francese sono due di livello 4, «conseguenze locali», avvenuti all'impianto di Saint-Laurent-les-Eaux, nella regione della Loira, nel 1969 e nel 1980. In entrambi i casi provocarono la fusione del combustibile in uno dei reattori della centrale. Svariati invece gli incidenti di livello 2 e 3: dall'incendio di un silos di stoccaggio a La Hague nel 1981 all'inondazione della centrale di Blayais nella notte della tempesta del dicembre 1999. Tra i più recenti, quelli avvenuti nel luglio 2008 sui siti di Tricastin e Romans-sur-Isère, quando ci fu una limitata fuga di sostanze radioattive che contaminarono leggermente il personale. Le autorità relegarono questi incidenti in basso alla scala, non oltre il primo livello, operando quella che Greenpeace definisce «una sistematica sottovalutazione della gravità dei problemi».
Nonostante l'emozione provocata da Fukushima, e nonostante polemiche e dibattiti che ciclicamente risvegliano il dibattito sulla sicurezza, pochissimi irriducibili pensano che la Francia possa rivedere la scelta fatta dopo lo choc della crisi petrolifera nel 1973. Oggi, oltre il 75 percento dell'energia elettrica dei francesi è prodotto a partire dall'atomo. La Francia è inoltre uno dei quattro paesi al mondo (con gli Stati Uniti, la Russia e la Gran Bretagna) a controllare sul suo territorio l'intero ciclo dell'uranio, dalla produzione all'arricchimento, dal trattamento post-radiazione allo stoccaggio delle scorie. Da qualche anno si fanno però più pressanti le richieste, non soltanto da parte dei soliti verdi o ecologisti, di maggiore trasparenza nell'informazione. L'authority perla sicurezza nucleare ha instaurato un comitato (una decina di gruppi di lavoro, oltre 2mila persone coinvolte) che nel 2012 dovrebbe pubblicare un documento che stabilirà come gestire le conseguenze di un incidente per limitarne l'impatto. E la prima volta che un Paese nucleare ammette esplicitamente la possibilità che un incidente nucleare, anche grave, avvenga sul proprio territorio.
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