Perché sì al referendum, perché no all'astensione

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Pubblichiamo le considerazioni sviluppate nella ultima direzione di Radicali Italiani da Michele Governatori, membro della stessa direzione, che ci portano a dire, dopo un'analisi nel merito del referendum e, più in generale, del metodo referendario: perché sì a questo referendum, perché no all'astensione.  

  

Referendum "trivelle"

Il quesito del referendum del 17 aprile 2016 cosiddetto sulle “trivelle” non ha la portata in termini di strategia energetica e ambientale che molti sostenitori del sì o dell’astensione gli attribuiscono. Tuttavia il quesito è rilevante soprattutto in termini di gestione e controllo pubblico di alcune concessioni gasiere e petrolifere. Riteniamo che sia corretto partecipare alla consultazione per garantire il raggiungimento del quorum e la sua validità, e portiamo qui di seguito elementi utili per farsi un’idea sul merito.

Le concessioni all'attività di sfruttamento degli idrocarburi.

In Italia le concessioni per estrarre idrocarburi le dà un’unità del ministero per lo Sviluppo Economico. La norma principale che le regola è del ’91 ed è stata modificata varie volte, tra cui con lo “Sbloccaitalia” del 2014 e con la legge di Stabilità 2016 (al comma 239).

Le concessioni hanno di norma una durata di 30 anni prorogabile più volte attraverso apposita istanza, e prevedono impegni anche di ripristino ambientale a fine concessione stabiliti dal Mise caso per caso, all'interno di norme generali.

Recentemente il divieto di nuove concessioni in mare in aree protette è stato esteso a tutta la zona entro le 12 miglia dalla costa, con l'eccezione delle concessioni in corso. Questa eccezione, per com'è scritta nella Stabilità 2016, introduce anche, secondo l'Ufficio centrale del referendum, una proroga automatica delle concessioni a cui si applica. (La norma però è scritta in modo sibillino e si presta a interpretazioni anche molto diverse).

Vari quesiti cosiddetti sulle trivelle erano stati presentati prima della legge di Stabilità, che li ha resi secondo l’ufficio centrale del Referendum e la Corte Costituzionale superati tranne quello per cui si vota il 17 aprile.

 

Cosa succede se vince il sì

Secondo l'Ufficio centrale del referendum la vittoria del sì comporterebbe due effetti:

1. la cancellazione dell’esenzione per le concessioni già rilasciate del divieto di attività entro le 12 miglia

2. la cancellazione della proroga automatica delle concessioni.

Dunque se passa il sì i giacimenti in mare entro le 12 miglia potranno essere coltivati solo fino alla scadenza della concessione in corso.

E poi?

- Si lascerebbero il gas (in gran parte dei casi) e il petrolio dei giacimenti sotto costa inutilizzati a fine concessioni? Sì.

- Si tratta di tanto gas? No: una volta scadute tutte le concessioni sotto costa perderemmo una produzione che oggi vale meno del 3% del fabbisogno nazionale (e che a fine licenze sarà ulteriormente scemata).

- Il sì aumenterebbe le navi per far arrivare da fuori il gas e il petrolio? No, checché ne dicano in molti: il gas è oggi di norma più economico importarlo via metanodotti, dove c’è un sacco di capacità disponibile. Riguardo al petrolio e ai suoi prodotti, non solo l’importazione ma anche l’esportazione e i transiti di semilavorati alimentano il traffico via nave. Per esempio il progetto petrolifero lucano gigante di Tempa Rossa prevede elevato traffico navale in uscita dai depositi portuali di Taranto (dove arriverebbe via oleodotto).

- Importare di più ci farebbe pagare un prezzo più alto per gas e petrolio? No, salvo la componente del costo di trasporto. Il prezzo del gas e del petrolio in sé sono quelli dei mercati internazionali e non dipendono dalla loro origine. Ci sarebbe però un effetto negativo sulla bilancia commerciale nazionale. (Impropriamente molti chiamano "bolletta energetica" il valore delle importazioni nazionali di energia. Essa non corrisponde alla spesa per l'energia dei consumatori, che include gli oneri per l'energia non importata).

- È irrazionale bloccare la produzione di giacimenti già sviluppati? Sì, decisamente. A peggiorare le cose c'è che, una volta chiusi i pozzi attivi a fine concessione, lo sfruttamento delle risorse residue del giacimento richiede nuovi pozzi (e quindi: trivelle).

- Il prolungamento "a vita" delle concessioni previsto con la Stabilità è preoccupante? Sì, perché lede il principio generale (normato) della determinatezza della loro durata e riduce le possibilità del Governo di porre nuove condizioni ai concessionari al momento dei rinnovi, e di valutare l'opportunità stessa dei rinnovi.

- In generale, ha senso in termini di patrimonio nazionale accelerare l’estrazione di idrocarburi? Ai prezzi molto bassi attuali no. Probabile che queste stesse risorse, che finché sono sotto terra sono un patrimonio pubblico, varranno di più in futuro. Comprese le royalty, che in Italia già sono piuttosto basse in termini di aliquota e il cui gettito è proporzionale al prezzo dell’idrocarburo. (È irrazionale che il bilancio dello Stato non includa un vero patrimoniale delle risorse ambientali da approvare con le sue variazioni ogni anno dal Parlamento con la legge di bilancio).

E ancora più in generale: ci conviene puntare a uno sviluppo basato su petrolio e gas? Se la risposta per Radicali Italiani è no, non è automatico che convenga votare sì a questo quesito, dipende da cosa ci aspettiamo in termini di conseguenze.


Una possibile conclusione

Crediamo che una ragione solida per il sì sia contrastare la durata "a vita" delle concessioni (punto 1 sopra, peraltro controverso). Crediamo anche che una vittoria del sì sarebbe compatibile con una successiva modifica alle norme che permetta l’estrazione delle risorse dai giacimenti già sviluppati. Cioè che riqualifichi l'eccezione al divieto delle 12 miglia ormai consolidato, ma in modo più restrittivo, con maggiori tutele, tempi certi per le bonifiche e non certo concessioni ad libitum.

In ogni caso crediamo che la scelta astensionista sia una scelta sbagliata, che non aiuta l'istituto referendario e il dibattito pubblico, che andrebbe promosso e non boicottato come avviene da parte dello stesse istituzioni che la Costituzione chiama a garanti.

 

Altri riferimenti:

- Scheda del ricorso al Tar ed esposto

- Anagrafe di concessioni, giacimenti, piattaforme e pozzi di petrolio e gas in Italia (UNMIG - Ministero dello Sviluppo Economico):http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/pozzi/pozzi.asp

- Dati di produzione oil e gas off shore entro le dodici miglia (di Dario Faccini per Aspo): http://aspoitalia.wordpress.com/2016/03/07/le-bufale-sul-referendum-del-17-aprile/

- Sentenza 17/2016 della Corte Costituzionale che sancisce l’ammissibilità del quesito come riformulato dall’Ufficio centrale per il Referendum della Corte di Cassazione:
http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2016&numero=17



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