Il paradosso delle quote rosa "Troppe donne candidate" bocciata la lista dei Radicali

Dalla Rassegna stampa

Esclusi dalle elezioni per troppe candidate donne. Davvero surreale quel che capita ai radicali del Lazio. La loro Lista «Amnistia Giustizia e Libertà» non ha rispettato, secondo i magistrati della Corte d'Appello che formano l'ufficio elettorale, l'equilibrio dei sessi. E non è bastata la rinuncia di una femmina a risolvere l'iniqua eccedenza (iniqua dal punto di vista maschile) perché i giudici hanno definito «tardivo» il ripensamento della signora. La beffa, che si accompagna casualmente al danno, è che proprio ieri si riunivano in pompa magna 51 associazioni di donne firmatarie dell'«Accordo di azione comune per la democrazia paritaria». E da Monti a Fini tutti a lodare e incoraggiare i passi avanti della presenza femminile «nella società, nella politica e nelle istituzioni».

Ma quale democrazia paritaria. Nel Lazio, secondo i giudici, i poveri maschi sono stati clamorosamente messi all'angolo, o meglio ridotti in minoranza. «Noi radicali- spiega Giuseppe Rossodivita, consigliere regionale uscente che, assieme a Rocco Berardo, ha contribuito a cacciare Franco Fiorito, detto "Er Batman", dal suo ufficio dorato - abbiamo presentato un listino di dieci candidati, cinque uomini e cinque donne, incluso il candidato presidente (che sarebbe poi lo stesso Rossodivita, ndr)».

E qui casca l'asino. In realtà, secondo un'interpretazione della normativa regionale, il presidente non può essere messo nel computo del listino. Messa così, il listino dei radicali risultava sbilanciato dalla parte delle donne: quattro uomini, cinque donne, considerando fuori quota il presidente al di sopra di ogni gender, asessuato. Risultato: listino bocciato per eccedenza del genere femminile. Appresa la notizia, lo squadrone regionale di Pannella e Bonino ha deciso di mantenere provvisoriamente «un rispettoso silenzio» sulla vicenda e adeguarsi alle richieste della magistratura. Antonella Casu, già segretaria nazionale dei Radicali, si offre per il sacrificio equilibratore, rinuncia alla candidatura. Via una donna, depennata. L'Italia, in quanto a rappresentanza femminile, sta tra il Rwanda e l'Uzbekistan però in nome della sex condicio si può fare... Questione di giustizia, le regole sono regole. Non esageriamo con le quote rosa, difendiamo le sempre più precarie quote blu.

Casu dunque lascia. «Abbiamo regolarizzato», annuncia Rossodivita, presentando ai giudici istanza di riammissione. Ora è davvero tutto a posto: 4 uomini, 4 donne (II plotone è composto da Anna Cannellino, Valeria Cento rame, Maria Antonietta Coscioni, Mina Welby), più il presidente senza sesso non computato. Indovinate: neanche così va bene. L'ufficio elettorale centrale conferma l'esclusione di «Amnistia Giustizia e Libertà» dalle elezioni del Lazio. I giudici hanno ritenuto «tardiva», in assenza di norme sul punto, la rinuncia di Antonella Casu. Una rinuncia considerata anche portatrice «d'incertezza nel procedimento elettorale», una cosa del tipo turbativa d'asta, confonde l'elettore, lo fa sbanda- re. «Decisione ridicola, faremo ricorso e alle elezioni ci saremo», avverte Rossodivita che ha il dente avvelenato ed è pronto ad arrivare fino a Strasburgo per avere giustizia: «Invece di favorire la partecipazione elettorale, irresponsabili funzionari pubblici si trincerano nei loro bizantinismi». Per inciso, l'esponente radicale ricorda che lo stesso ufficio, «due anni fa, regalò tre consiglieri alla Polverini fatti poi decadere, dopo un mese, dal Tar e rimasti tuttavia beneficiari di vitalizi pagati con le nostre tasse».

Meno male che l'eco della tenzone laziale uomini/donne non ha raggiunto la sala dove si confrontavano le 51 associazioni femminili sponsor di un'Agenda per la democrazia paritaria. «L'Italia non è un Paese per donne e deve diventarlo» ha mandato a dire Mario Monti alle gentili signore riunite. Nelle stesse ore, come nel gioco dell'oca, due caselle indietro per Antonella Casu. Le quote blu ringraziano. È una prima inversione di tendenza significativa. Il sorpasso del Rwanda è sempre più a portata di mano.

 

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