Pannella, Storace e la retorica dell'antifascismo

Dalla Rassegna stampa

Voilà, chi aspettava un altro pretesto per gettare fango sui radicali e sul "reprobo" Pannella è stato accontentato. Può essere soddisfatto. Adesso i signori del luogo comune, i censori del «sono stato radicale ma ora proprio...», gli ipocriti del «mi sono stancato di dovere sempre giustificare posizioni indifendibili, adesso basta...» possono essere paghi. Per non parlare di coloro che nella loro vita avranno bene o male fatto capolino un secondo a qualche raccolta di firme e poi si permettono di dire «accettiamo tutto, ma Storace no, con lui proprio non si può...». L'antifascismo nominale, maschera ideologica della peggiore retorica, del conformismo assurto a logica imperante per menti impigrite, soggette a essere atrofizzate, negazione dell'antifascismo fattuale, riemerge ogniqualvolta si tratta di imbellettare la banalità. E sempre si ripete lo stesso copione. Negli anni Settanta, Pannella, sì lui, accettò di confrontarsi, socraticamente e da par sua, con Massimo De Carolis, esponente dell'allora maggioranza silenziosa additato come "bubbone clerico-fascista" dalla solita sinistra puritana di facciata che, poi, sottobanco, trattava, tanto per cambiare, con il potere vaticano per privare gli italiani del diritto dovere di esprimersi sul divorzio, sull'aborto, sul concordato mussoliniano? E dell'assistenza legale offerta da avvocati radicali come De Cataldo e Mellini, proprio in ossequio a un autentico spirito liberale e antifascista, agli intoccabili "tornate nelle fogne" di Avanguardia nazionale? Del caso del filosofo Armando Plebe che, dimessosi da senatore del Msi, annunciò l'intenzione di iscriversi ai radicali? Del sonoro ceffone ricevuto da Pannella da- vanti al plumbeo portone di via delle Botteghe Oscure, allora sede del Pci? Degli attacchi violentissimi e mistificatori cui il leader radicale e l'intero partito erano quotidianamente sottoposti da parte di commentatori politici televisivi come gli scomparsi Giuseppe Fiori o Emanuele Rocco?

Vi siete, per caso, dimenticati, d'altro canto, dello scandalo sortito da Pannella quando ha osato chiamare "compagni assassini" i brigatisti rossi e, ancora, dell'indignazione di Enzo Biagi dinanzi alla candidatura di Toni Negri, a quel tempo esponente di spicco dell'Autonomia operaia e tra le principali vittime del teorema del "7 aprile", o di Ilona Staller, in arte Cicciolina, popolarissima pornostar che, secondo i crismi di una certa cultura cattocomunista e antiliberale dominante in Italia, sarebbe rimasta sommersa nella e dalla mediocrità se non ci fossero stati i radicali? Da sincero laico qual era, il repubblicano Giovanni Spadolini intervenne in controtendenza, affermando sarcasticamente di preferire «le luci rosse ai fondi neri». Guardando indietro nella storia splendida, invidiabile, cristallina, dei radicali italiani, di casi come quelli riportati ce sono a iosa. Solo per elencarli non basterebbe un libro.

L'ultima, in ordine di tempo, a destare l'indignazione di turno è stata, appunto, la vicenda Storace. Ma come, è stato detto dai soliti "luogocomunisti" - che hanno tollerato e continuano a tollerare, con la propria sciatteria intellettiva, il diffondersi della peste italiana, l'ammorbamento della politica da parte della partitocrazia - i radicali adesso stanno con i nostalgici della mano tesa? Ma siamo sicuri che le cose stanno proprio così? Certo, fa comodo mestare nel guano e lanciarlo addosso a Pannella. Che bello parlare di una presunta spaccatura tra Pannella e la Bonino e tra gli stessi mili- tanti. Ma, ripetiamo, davvero le cose stanno così? Chi scrive, va detto a scanso di equivoci, da più di due anni non è più dirigente radicale, ha deciso sua sponte di non svolgere più l'attività militante, soprattutto in polemica con l'infelice votazione pro-sperimentazione animale espressa alla Camera da alcuni parlamentari radicali (non tutti, per fortuna), e ha di conseguenza rifiutato l'accettazione di candidatura ritenendo chiusa la propria quarantennale esperienza.

Davanti, però, all'ennesimo indecoroso, osceno, oltraggio antiradicale scatenato, peggio e più di sempre, dal basso ventre del giornalismo "sfascista" (altro che antifascista) nostrano, chi è animato da laicismo, nonviolenza, liberalismo non si può che insorgere. Diciamoci la verità: il caso Storace non è mai esistito. Se è stato visto così, è perché lo si è costruito e reso tale. Il fatto, per dirla tutta, in realtà dovrebbe essere chiamato per ciò che è, cioè il caso "Rocco Berardo e Giuseppe Rossodivita" con riferimento ai due consiglieri regionali radicali che, da soli, hanno avuto il coraggio e la tenacia di scoperchiare la fogna dei finanziamenti ai partiti-gruppi consiliari e dell'uso disinvolto da parte di consiglieri di una e dell'altra parte. Per questo, anziché premiarli, come avrebbe dovuto, il candidato alla presidenza della Regione Lazio in quota Pd ha ritenuto di doverli punire, alla faccia della trasparenza tanto sbandierata dal partito di Bersani. Storace, il "fascista" con cui, nel nome di una bizzarra concezione della democrazia e dell'antifascismo, non bisognerebbe neanche colloquiare, pur ribadendo onestamente la propria distanza dalla visione radicale, ha, però, lealmente riconosciuto che il patrimonio di legalità costituito dai due consiglieri radicali non dovesse essere disperso e ha offerto la propria disponibilità ad accoglierli.

Dove sta lo scandalo? Lo diciamo noi: nella gratuita ostentazione di antifascismo da parte di chi, all'indomani del varo della costituzione, ne aveva accuratamente sotterrato lo spirito che l'informava. A prevalere, è stato un articolo non scritto: «L'Italia è una repubblica fondata sulla retorica, sul perbenismo del luogo comune». Infine dimenticavamo come, negli anni Settanta, si voleva la messa al bando del Movimento sociale italiano, così adesso, nel nome dell'antifascismo, si raccolgono firme per impedire a movimenti come Casapound di presentarsi regolarmente alle elezioni, cioè di esporre i loro programmi sottoponendoli, democraticamente, al giudizio degli elettori. Ma, scusate, l'antifascismo non dovrebbe implicare il rispetto dell'altrui opinione, il voltairiano «non condivido le tue idee ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa esprimerle»? Già, "fascista" è Storace.

 

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