Pannella e la giustizia malatissima

Diciassette anni fa, il Quirinale disse «No, questo no» a Berlusconi che gli mostrava l'elenco dei ministri con Previti alla giustizia. Oggi un previtiano, Nitto Palma, ex pm ultrapolitico berlusconiano a 18 carati, va a prendere il posto di Alfredo Rocco, già inquinato da nullità democristiane e forziste nei sessant'anni de La peste italiana, titolo di una nota pubblicazione di Marco Pannella. Il quale stamattina a palazzo Madama, confortato dal presidente Napolitano e da Schifani, apre il convegno radicale sulla giustizia con una relazione dal lunghissimo titolo: "L'imperativo dell'immediato rientro dagli attuali connotati di stato penale a un pieno rispetto dello stato di diritto e della legalità costituzionale, europea e internazionale". Mezzo mondo della giustizia, Grosso, Zagrebelsky, Vietti, Bongiomo, Palamara, Bultrini, Giampaolino, Lupo, Ionta, farà ala ai radicali: che, se avessero uomini e mezzi per allargare a scuola, ricerca, lavoro femminile e giovanile, università quel che fanno per la giustizia, perfino con quotidianità ossessiva, costringerebbero gli italiani a vergognarsi di un paese così.
Non tutto è accettato di quel che i radicali chiedono, a cominciare (prendete fiato) da: «Amnistia e indulto come precondizione alla riforma strutturale e legalizzatrice dell'amministrazione della giustizia». Un sindacalista scolastico ci dice: solidarietà umana sì, ma non capisco perché dovremmo dare ai detenuti quel che non diamo alla sicurezza dei bambini e dei giovani nelle scuole, che in Italia al 50 per cento e più non danno garanzie antisismiche. Forse più che di solidarietà e di indulto o amnistia, si tratta di depenalizzare i reati, eliminare le leggi criminogene, moltiplicare le detenzioni alternative al carcere (Andrea Orlando, II Foglio). Ma come si fa a pensare a cose serie se la giustizia deve occuparsi del Cavaliere? Anche in queste ore, mentre sta per inaugurarsi la due giorni radicale, una camera si occupa di processo lungo, un'altra di processo breve (secondo che al premier serva allungare o accorciare) nei vari casi Ruby, Mills, Mediatrade. E tutti fingono di non saperlo: compreso Calderoli, il quale fa l'umorista dicendo che il nuovo ministro «deve dimenticarsi di parlare con gli avvocati del premier» (e poi come campa?); compreso il nuovo ministro, il cui zelo si rivelò nel tentativo di istituire la commissione d'inchiesta sulle toghe rosse (non sulle toghe azzurre, le cene con gli inquisiti, il porto delle nebbie, le collusioni con Gladio). Ma Pannella avrà interlocutori credibili almeno per approfondire, nella sede istituzionale più alta, tre problemi: durata dei processi, sovraffollamento delle carceri e limitazione degli arresti preventivi. Non dovrebbe essere un sogno di mezza estate.
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