Pagamenti alle imprese: Bruxelles frena l'Italia

Dalla Rassegna stampa

Governo e Parlamento accelerano sul pagamento dei debiti arretrati dello Stato nei confronti delle imprese. Oggi alla Camera e domani al Senato si insedieranno le due Commissioni speciali, che hanno il compito di modificare i saldi di bilancio per consentire il varo del decreto annunciato la scorsa settimana da Mario Monti e dal ministro dell’Economia, Vittorio Grilli. È una procedura sprint, su cui si erano impegnati i neopresidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso, resa necessaria dal fatto che ancora non sono decollate le commissioni permanenti. Le modifiche al bilancio, approvate dalle due Commissioni speciali, approderanno in aula, sia alla Camera che al Senato, già martedì prossimo per il via libera definitivo in tempi rapidi. Ma il passo di corsa adottato dal Parlamento è solo il primo atto di una partita che si annuncia complicata e con limitati margini di manovra, nonostante la disponibilità di Bruxelles a smaltire una prima tranche da 40 miliardi: «L’ok della Commissione Ue non significa un via libera illimitato all’aumento del debito e del deficit», ha precisato Monti parlando in aula al Senato. Insomma, non si può pagare «tutto e subito» come vorrebbe qualcuno. Il piano di Monti prevede di sbloccare 20 miliardi nella seconda metà del 2013 e altri 20 miliardi nel 2014. Un colpo di freno sullo smaltimento dei pagamenti arretrati, che in tutto valevano circa 80 miliardi a fine 2011, è arrivato anche da Bruxelles: fonti della Commissione hanno fatto sapere che il governo italiano dovrà muoversi con estrema cautela per evitare di sforare il 3% di deficit, rischiando che non venga chiusa la procedura d’infrazione per deficit eccessivo aperta nei confronti del nostro Paese. «Se tutto va come previsto, entro aprile sarà decretata l’uscita dell’Italia dalla procedura di deficit eccessivo», ha detto Monti. Ma ora questo risultato rischia di essere compromesso se i nuovi saldi di bilancio non rispetteranno il limite invalicabile del 3% nel rapporto tra deficit e Pil nel 2013: le modifiche del Tesoro, proposte nella relazione che da oggi sarà all’esame del Parlamento, si fermano al 2,9% includendo i 20 miliardi di pagamenti arretrati da smaltire entro l’anno. Non di più. Il decreto in arrivo, che potrebbe essere l’ultimo del governo Monti o il primo di un nuovo esecutivo, dovrà fissare modalità, tempi e priorità dei pagamenti.

Un’«operazione piuttosto complicata» come ha sottolineato ieri Emma Bonino: «La Commissione Ue non ha firmato un assegno in bianco nei nostri confronti ma si aspetta dal governo italiano un piano su come intende gestire i debiti. Ci vuole quindi un governo che si assuma le responsabilità di stabilire i criteri con un decreto. E quali saranno questi criteri. Per anzianità di debiti? Per settori? Non tutti saranno contenti». In vista del decreto sblocca-debiti, il Tesoro deve riscrivere gli obiettivi di bilancio per farli approvare dal Parlamento. Numeri in equilibrio precario, condizionati da molte incognite e non solo dalla quota aggiuntiva di spesa pubblica necessaria per onorare i debiti nei confronti delle imprese. Il governo ha rivisto in peggio le stime 2013 sul Pil, che dovrebbe retrocedere dell’1,3% (rispetto alla flessione dello 0,2% stimata a dicembre scorso) con un impatto negativo sul deficit, che aumenterà fino al 2,4%. Questo per colpa della recessione più lunga del previsto. Lo sblocco dei pagamenti arretrati vale un altro 0,5% in più di deficit, che si dovrebbe quindi attestare al 2,9%: a un soffio quindi dal limite invalicabile del 3% concesso da Bruxelles. Ma, sia pure aggiornate, le nuove cifre del Tesoro appaiono piuttosto traballanti. La causa va ricercata nella crisi, che rischia di spingere molto più in basso il Pil rispetto all’1,3% indicato nella Relazione del Tesoro: Confcommercio prevede un crollo dell’1,7% mentre l’agenzia di rating Fitch è più pessimista e scommette su una flessione dell’1,8%. Se così fosse, i nuovi saldi da oggi all’esame del Parlamento sarebbero numeri scritti sull’acqua. E il governo (qualunque governo ottenga la fiducia delle Camere) sarebbe in grado di smaltire non più di 10 miliardi di pagamenti arretrati senza infrangere il “muro” del 3% imposto dall’Europa. Non solo. Considerando gli scarsi margini di manovra concessi all’Italia, tutte le richieste delle parti sociali che si vanno accumulando sul tavolo del premier incaricato Pierluigi Bersani (meno Imu, stop all’aumento dell’Iva, taglio dell’Irap, più soldi per la cassa integrazione in deroga) sembrano già un elenco di belle intenzioni senza un futuro.

 

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