Oncologia, il caso in Parlamento «Il ministro avvii un indagine»

Dalla Rassegna stampa

I malati terminali oncologici costretti a lavarsi con spugne e bacinelle, la mancanza di privacy nel momento finale della vita delle persone, emersi dall'inchiesta del Gazzettino hanno sollevato lo sdegno di Maria Antonietta Farina Coscioni che si è rivolta al nuovo Ministro della Salute e alle competenti autorità con un'interrogazione urgente. La deputata radicale padovana eletta tra le fila del Pd, dopo la vicenda che ha condotto all'immobilità totale e alla morte il marito Luca, è particolarmente sensibile a questo tema e confida nel nuovo governo. «Si tratta di un episodio che presenta possibili aspetti di rilevanza penale sottolinea - oltre che mostrare l'inquietante livello in cui può a volte precipitare la sanità italiana».

Nell'interrogazione si fa riferimento ai 27 letti del padiglione Gaggia dell'ospedale civile perennemente occupati e al fatto che l'Associazione di volontari Avapo, punto di riferimento per i malati di tumore, da anni ha fatto richiesta per ottenere delle docce e ha messo a disposizione i fondi per la ristrutturazione, ma solo tre mesi fa l'Ulss ha dato il suo nullaosta. Per la deputata Radicale e presidente onoraria dell'associazione Luca Coscioni "è una situazione intollerabile che non va tollerata ulteriormente". C'è poi l'aspetto più penoso e inaccettabile, che riguarda i pazienti oncologici allo stadio terminale della malattia. Non esiste neppure una stanza del "commiato", anche se potrebbe essere predisposta rapidamente. «Mi aspetto celeri chiarimenti da parte del ministro - conclude Farina Coscioni - e soprattutto un suo celere intervento e iniziative adeguate per sanare una situazione che definire vergognosa e incivile è poco». L'assessore regionale alla Sanità Lucio Coletto ha promesso una verifica «per provvedere a un intervento immediato se dovessero emergere problematiche di natura strutturale e operativa». Coletto ha anche annunciato che si sta approntando l'attuazione di 15 posti letto in strutture apposite nel veneziano «proprio per l'accompagnamento a fine vita». Ma il problema della mancanza della privacy non appartiene solo al reparto di oncologia. Lì è più probabile che si verifichi l'evento finale, che però capita anche altrove: ad esempio dove sono ricoverate persone anziane o malati terminali, accanto a chi invece si trova nella stessa stanza solo per fare degli esami di routine. Il personale ridotto all'osso cerca di fare di tutto per alleggerire le situazioni di emergenza e per gestire i momenti più intimi del dolore delle famiglie, ma non sempre è possibile. Resta il fatto che talvolta non si riesce neppure a ottenere subito un paravento o una tenda per permettere un po' di raccoglimento. Oppure viene interdetto l'accesso a una stanza ai parenti di un ricoverato perché accanto al letto c'è un moribondo o una persona già morta e secondo la procedura bisogna attendere qualche ora perché venga trasferita all'obitorio.

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