I nuovi scandali mettono in ombra le novità europee

Dalla Rassegna stampa

Le domande piovute su Matteo Renzi sullo scandalo del Mose di Venezia, dopo la chiusura della riunione del G7 a Bruxelles, hanno messo un po’ in ombra i temi europei: soprattutto immigrazione e fine della fase della sola austerità economica, sui quali il presidente del Consiglio sembra convinto di poter far giocare all’Italia un ruolo «da protagonista», forte del risultato elettorale del 25 maggio. La coincidenza con la decisione della Bce di Mario Draghi di abbassare il costo del denaro, oltre tutto, offre una «finestra di opportunità», così l’ha chiamata il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Eppure, Renzi si è reso conto che le inchieste giudiziarie possono diventare la vera sfida per il suo governo. Sulla risposta che Palazzo Chigi riuscirà a dare si misureranno non solo la sua capacità decisionale ma i rapporti nella maggioranza.

Il tentativo del Movimento 5 Stelle di raffigurare la coalizione di governo come una sorta di club di complici è insidioso. Bisogna prendere provvedimenti radicali per colpire il malaffare, ma anche evitare che si fermino le grandi opere. Il percorso parlamentare del disegno di legge contro la corruzione è destinato a rispecchiare queste difficoltà. Il suo slittamento nasce dalla volontà di migliorarlo; ma su uno sfondo infuocato. La preoccupazione è che si trasformi in un percorso a ostacoli per Palazzo Chigi; e che serva da pretesto per gli attacchi virulenti e strumentali dei grillini, rianimati da questo nuovo fronte dopo la sconfitta europea. Il presidente del Senato, Piero Grasso, si rallegra per l’impegno dell’esecutivo sul tema della corruzione. «Ma bisogna anche fare presto», dice a Palazzo Chigi. L’impressione è che stia crescendo la confusione intorno al ruolo del commissario straordinario anticorruzione Raffaele Cantone, nominato in campagna elettorale con lo scandalo dell’Expo.

«Non so quali siano i suoi poteri», ha ammesso il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, bocciando l’ipotesi di istituire una Procura nazionale che si occupi di questo. Lo stesso Renzi si mostra prudente. È durissimo con gli accusati. «La gente che ruba va mandata a casa», premette, pur rispettando la presunzione di innocenza. A suo avviso, più che di corruzione si dovrebbe parlare di «alto tradimento» dei politici implicati; e un Pd in imbarazzo già mostra di voler prendere le distanze dagli imputati. Allo stesso tempo, però, il premier non sembra d’accordo con chi ritiene che la soluzione siano nuove regole. Non si può affrontare ogni episodio di corruzione dicendo «che il problema sono le regole», puntualizza.

«Le regole ci sono: il problema sono i ladri». Ha l’aria di una risposta indiretta a chi, come lo stesso Cantone, addita come possibile antidoto anche la revoca degli appalti già concessi alle imprese coinvolte: tanto che ieri sera è stato costretto a negare conflitti con Renzi. Si tratta ora di capire se quanto sta avvenendo permetterà di accelerare sulle riforme istituzionali, o le rallenterà. Il ministro Maria Elena Boschi è sicura che si faranno in tempi brevi. Ma ammette anche di essere «un’inguaribile ottimista».

 

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