Nuova teologia?

Dalla Rassegna stampa

Dalle pagine di un aggressivo "Almanacco di filosofia" un pensatore cattolico (anzi, un teologo) di ampia fama giornalistica si interroga su Dio. Su Dio e l'ateismo. Lo fa con qualche esitazione perché - avverte - quando si parla o si legge di questi temi c'è il pericolo che, "in modo passionale", ognuno pensi soprattutto a rafforzare "le proprie convinzioni, attento a cogliere gli errori della parte avversa piuttosto che il positivo che essa contiene". Dopo aver doverosamente ricordato Socrate e Gesù, "i due più grandi profeti dell'occidente... uccisi dal potere costituito", il nostro teologo ammonisce che "la religione, oggi come un tempo, è materia particolarmente incandescente e pericolosa". Non capisco cosa questa affermazione possa significare, se non richiamandomi allo "scontro di civiltà" di Huntington. Certo non può riguardare la penosa querelle tra Vaticano e chiesa irlandese in tema di responsabilità sulla questione dei preti pedofili e neppure l'affascinante disputa tra la Cina e (ancora) il Vaticano circa il diritto alla nomina dei vescovi, una disputa che in Europa ha un sentore medievale e rievoca persino il privilegio, di cui godevano alcuni capi di stato cattolici, di poter imporre con le loro mani la "berretta" cardinalizia al nunzio apostolico accreditato presso quegli stati.

Queste - e altre note e analoghe - situazioni richiamano la forma istituzionale storica e tipica della chiesa cattolica, cioè la commistione e intreccio tra chiesa e Vaticano, inteso come stato.

A questa chiesa Vito Mancuso nega la capacità di elaborare una teologia adeguata all'oggi: né l'argomento antologico di (sant')Anselmo né quello cosmologico di (san) Tommaso possono soddisfare le esigenze dei nostri tempi. Non sanno più "incidere sulla coscienza", tanto che la chiesa stessa, nonostante il Vaticano I avesse ribadito che Dio può essere conosciuto "mediante la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create", "ha finito per seguire la via protestante", che insiste sulla "teologia della storia della salvezza". Secondo questa teologia, più o meno unitaria nelle sue diverse formulazioni, "l'uomo è del tutto cieco in ordine alla conoscenza di Dio a prescindere dalla rivelazione storica", perché la natura dell'uomo, sia a "livello personale che a livello collettivo", è "intrinsecamente corrotta".

Non provo a discutere il cammino argomentativo del nostro teologo, il quale conclude la sua disamina dandoci una personale formulazione del problema teologico. Una specie di terza via: secondo lui, l'uomo può essere buono oppure no, ma questo desiderio di essere buono gli viene dal fatto che "il bene è prima della bontà", così come "la proporzione è prima dei disegno, l'armonia è prima della composizione, il diritto è prima della legge, l'etica è prima della norma morale". Dopo una lunga enunciazione della struttura "armoniosa" che lega tra loro le "particelle subatomiche" e poi via via gli "atomi", le "molecole", le cellule", i "tessuti", gli "organi" e i "sistemi di organi" che costituiscono 1'"organismo" del nostro corpo che "vive, sente, vuole, pensa e ama", il nostro teologo annuncia che "l'apparire della giustizia e del bene all'interno dell'uomo non piove dall'alto, come ancora pensava Kant, ma sale dal basso, 'bottoni up': è la logica della relazione armoniosa che prende coscienza di sé e si dice come diritto e come etica". Pare che questa sia l'interpretazione autentica che si deve dare dell'agostiniano "la verità abita nell'uomo interiore".

Facile a parole
Sarà così, le mie competenze teologiche non mi permettono di interloquire sul merito. Ma da laico mi chiedo se abbia un senso sforzarsi di escogitare, per i tempi che viviamo, una nuova interpretazione della domanda su chi, o cosa, sia Dio, ecc. La chiesa cattolica elaborò nei secoli il suo grandioso pensiero sulla spinta di una evoluzione storica di portata epocale, tra la fine dell'Impero romano e la costruzione di un mondo di cui essa plasmò (non da sola...) le ossa e le carni. Lo scisma luterano e protestante tracciò una nuova via del dialogo tra uomo e Dio mentre il mondo medievale e cattolico crollava e le sue sparse membra si ricomponevano lungo assi e parametri nuovi, sostanzialmente gli stessi che hanno retto l'occidente fino ad oggi. Sono stati eventi storici incomparabili, che hanno dato frutti portentosi. Che siano finiti è probabile, che oggi l'uomo viva in un mondo segnato dalla "morte di Dio" è possibile. Di sicuro non è inventandosi una nuova formuletta che si supera la crisi. Come laico, appassionato alle vicende della storia cristiana di cui mi sento figlio, non mi appago di una estemporanea trovata. Da figlio (appunto) di quella lunga storia, mi sento erede di alcuni concetti da essa nati a partire dai quali, assieme (o seguendo) altri, mi sforzo di costruire un mondo non troppo peggiore di quello che ci ha preceduto.

Non ho formule adeguate per l'impresa, ma almeno respingo quelle che presuntuosamente ci vengono offerte. Se la teologia non è il mio forte, non riesco nemmeno ad appassionarmi ad alcuna teleologia. Una operazione a parole sempre troppo facile, e dunque inutile.

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